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Il capitano azzurro sfida in serata l’EA7 con il Fenerbahce: “La A con sette stranieri? Un torneo pizza e mandolino”

Gigi Datome, il Fenerbahce gioca a Milano e lei torna da avversario in Italia dopo oltre tre anni. Sensazioni?
“È una partita come altre, se non per l’occasione di rivedere i tanti amici che verranno a vedermi per salutarmi. Tornare in Italia è sempre bello per un italiano che vive all’estero. Il resto è relativo al campo: con il Fener abbiamo bisogno di vincere per rialzare la testa dopo un momento non facile”.

Il nuovo format dell’Eurolega non piace agli allenatori: si gioca troppo e c’è poco tempo per allenare, dicono. Da giocatore cosa ne pensa?
“Le tante partite sono sicuramente un bene per il prodotto basket e per lo spettacolo. È vero che c’è poco tempo per lavorare in palestra, dove si può migliorare e curare i dettagli per crescere. Capita di dover preparare partite importanti con una sola riunione video, cosa davvero impensabile in passato visto il livello della competizione. Ma è una formula nuova che va capita e assimilata. È necessario adeguarsi”.

La prossima Final Four si giocherà a Istanbul, dopo la beffa della scorsa stagione (sconfitta in finale con il Cska all’overtime) l’occasione per voi è più unica per rara.
“L’obiettivo è quello. Noi giocatori abbiamo fatto una scelta in estate: restare e riprovarci. Dobbiamo però dimostrarlo sul campo, ecco perché è prematuro parlare di Final Four”.

La Nba per Datome è un capitolo definitivamente chiuso?
“Sono abituato a pensare anno per anno. Il nostro è un mondo in cui tutto cambia velocemente. L’estate scorsa c’è stata più di una possibilità di tornare in America, ma il Fener è una splendida realtà in cui giocare: un club organizzato e ambizioso, dove il basket è al centro di tutto”.

Lei ha assaggiato l’America e ora sta giocando con le migliori d’Europa. La forbice con gli Stati Uniti si è ristretta?
“Credo che più di una squadra in Europa sia di livello superiore almeno alle ultime tre della Nba. Ma l’America è un mondo diverso, ci sono giocatori più funzionali e le differenze del gioco sono troppo marcate per fare confronti e parallelismi tecnici”.

Parliamo di Italia. Visto da lontano il nostro che Paese è?
“Un Paese in leggera ripresa, anche se il momento sembra molto legato all’esito del prossimo referendum”.

Il nostro basket invece fatica a ripartire.
“Mancano i soldi, poi magari anche le idee. Soltanto Milano è squadra che rappresenta l’obiettivo per un giocatore che lì vuole arrivare e rimanere. A parte poche eccezioni, gli altri club vengono utilizzati come occasione per mettersi in mostra”.

Lei si è sempre schierato a favore del protezionismo dei giocatori italiani, l’ultima richiesta delle società è di poter schierare 7 stranieri senza distinzioni di passaporto.
“Se vogliono costruire una nuova D-League “pizza e mandolino” è un’ottima formula…”.

È rimasto colpito dagli insulti che il capitano del Milan, Riccardo Montolivo, ha ricevuto sui social dopo l’infortunio al punto da aver solidarizzato immediatamente con lui.
“Lui è un ragazzo che stimo e sono rimasto sorpreso da come è stato trattato. Ma non mi meraviglio più di tanto. I social sono come tutte le cose, ci trovi il bello e il brutto. È un mezzo di comunicazione, che però ormai riveste una importanza capitale nella nostra quotidianità. Ma bisogna avere un grande equilibrio interiore per non interpretare i numeri di follower o like come indice di successo. Spesso invece ci si fa prendere troppo la mano. Per questo motivo penso che si dovrebbero legare i profili a dei documenti di identità, per responsabilizzare chi li usa. L’anonimato stimola l’offesa e questo non aiuta il dibattito “.

Come vive a Istanbul? Come è cambiata dopo gli attentati e il tentato golpe?
“Non è cambiato nulla, davvero. Istanbul è e rimane una città magica, non mi privo di nulla oggi così come non mi privavo di nulla prima”.

Da capitano della nazionale ci parli di: Messina, preolimpico fallito e prossimo Europeo.
“Messina è una garanzia per status, carriera e approccio al lavoro. Il preolimpico è stata personalmente la “botta” più forte della mia carriera: nel basket di oggi se non giochi bene puoi perdere contro chiunque, a maggior ragione con la Croazia. Il prossimo Europeo sarà un’ulteriore occasione. Siamo finiti in un girone molto equilibrato: Israele, Lituania, Ucraina, Germania e Georgia. Mancano tanti mesi e non si conoscono nemmeno i roster: conterà la condizione fisica e quella mentale in cui le squadre arriveranno all’appuntamento”.

Da grande lettore che libro ha sul comodino in questi giorni?
” Topkapi di Eric Ambler: bellissima spy story con sottofondo di thriller ambientata sul Bosforo “.

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