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MILANO – Nell’Italia del dopoguerra troviamo un paese ridotto in frantumi che sta cercando di risollevarsi dopo anni terribili…il momento tanto auspicato della definitiva uscita dalla sofferenza della ripresa arriverà nel periodo 1956-63: quando si entrerà nel cosiddetto “boom economico” di cui saranno Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto le regioni promotrici nonchè quelle industrialmente più all’avanguardia nonchè capaci di accogliere la grande migrazione dal sud. E’ proprio in un piccolo paesino della campagna nei dintorni di Milano che nasce, il 22/12/1963, un bambino ad una delle tante coppie della zona…quel ragazzino è, oggi, una delle maggiori eminenze grigie del giornalismo sportivo nostrano e si chiama Giuseppe Bergomi, l’italiano che ha legato più di tutti il suo nome alla storia dell’Inter risultando il 2° più presente di sempre (alle spalle del solo Zanetti, 1° con 858 timbri) con 757 presenze unite a 28 gol.

Cresce giocando a pallone in mezzo alla strada con i suoi coetanei: erano gli anni che il pallone era solo un gioco e l’ottimismo era compagno di viaggio quotidiano per tutto un popolo che voleva tornare a vivere ma ben presto per lui sarebbe divenuto anche un lavoro…siamo nel 1972 quando il team locale della Settalese tessera Bergomi per 3 stagioni alla tenera età di 9 anni permettendogli di mettere appunto tutti i suoi mezzi migliori a livello di un fisico fin troppo atletico nonchè robusto oltre ad un ottima tecnica e un piede destro assai avvezzo al tiro da lontano senza scordare la propensione al cross; la sua capacità, inoltre, di sapersi adeguare sia alle difese a uomo come terzino marcatore che come fluidificante nell’utilizzo della zona gli permise di acquisire un’esperienza tale che si rivelerà fondamentale a fine carriera, quando ricoprirà il posto sia di stopper che di libero (disposizioni ottime per sopperire ad un fisico non più in grado di sostenere gli sforzi dei tempi migliori) sfruttando un tipo di gioco sempre ruvido e che gli frutterà ben 12 espulsioni (11 in campionato e 1 in nazionale nel 1991).

A metà anni ’70 viene scartato per 2 volte dal Milan a causa del fatto che la sua cartella clinica comprendesse dei reumatismi al sangue ma nel 1977 arriva la svolta: è l’Inter a prenderlo e lui ci mette solo 2 annate a farsi valere (1977-79) intanto che il tecnico dei nerazzurri Bersellini lo monitora continuamente, ne rimane estasiato scegliendo di farlo esordire nella 1° squadra il 30/1/1980 in occasione della sentitissima sfida di coppa nazionale Inter-Juventus 0-0 a 16 anni e 1 mese (record tutt’ora nella storia meneghina) ma poco tempo dopo, mentre è a Lipsia con la nazionale juniores, perde suo padre: maggiore figura di spicco nella sua vita e che il nostro protagonista considererà sempre vicino a lui da lì in avanti. L’esordio in campionato arriva il 22/2/1981 in occasione di como-Inter 1-2: mancava il titolare Canuti e il compagno Oriali si fece male dovendo essere cambiato…il mister lasciò in panchina Pancheri e buttò nella mischia Bergomi, che il successivo 4/3/1981 esordì pure in europa giocando il quarto di finale d’andata in Coppa dei Campioni con la stella Rossa tenendo a bada perfettamente uno dei talenti maggior mente noti nel panorama continentale come Vladimir Petrovic…non male per uno neanche minorenne.

Nello stesso periodo debuttò nell’Italia Under-21 di Azeglio Vicini il 12/11/1981, durante le qualificazioni all’europeo di categoria 1982 (vittoria per 1-0 sulla Grecia); scese poi in campo negli unici due incontri disputati dall’Italia nella fase finale della competizione (terminati rispettivamente 0-1 e 0-0 contro la Scozia). In virtù del suo successivo ingresso nella nazionale maggiore, militerà con gli “azzurrini” a corrente alternata, disputando in totale 7 partite, l’ultima delle quali valida per la semifinale di ritorno del campionato d’Europa 1984 (ininfluente vittoria per 1-0 contro l’Inghilterra, impostasi per 3-1 all’andata).

Segnò il primo gol con la maglia dell’Inter in Coppa Italia, il 6/9/1981, nel derby (occasione migliore possibile), partita finita sul 2-2 proprio grazie alla rete di Bergomi all’89°. La 1° rete in Serie A arrivò il 10/1/1982, nel match contro il Bologna finito 2-1 per i suoi…a fine anno arriverà pure il 1° trionfo in casacca nerazzurra: la Coppa Italia a spese del Torino (ultima dei biscioni nel vecchio millennio) a congedare Bersellini, rimpiazzato da Marchesi/Castagner/Corso. Nella stagione 1983/84 risultò, sotto la guida di Radice, uno dei migliori terzini destri del campionato.

Nella stagione 1988/89, con il trasferimento della bandiera Altobelli alla Juventus, “zio” Bergomi (soprannominato così dall’ex compagno Gabriele Oriali per la sua eccessiva serietà e per i baffi che lo facevano sembrare molto più vecchio già a 17 anni) scese spesso in campo da capitano al posto di Giuseppe Baresi (titolare formale della fascia di capitano ma divenuto riserva di lusso) e conquistò l’unico scudetto della sua carriera, contribuendovi con un rendimento eccezionale (32 presenze su 34): l’Inter vinse il campionato (9 anni dopo) ottenendo 58 punti su 68 (a +11 sul Napoli di Maradona e a +14 sul Milan che vincerà la Coppa dei Campioni), un record (26 vittorie, 6 pareggi, 2 sconfitte di cui 1 a tricolore ottenuto), relativamente al periodo in cui la vittoria valeva due punti. Nel novembre dello stesso anno, la squadra allenata da Trapattoni conquistò anche la 1° Supercoppa Italia nella storia dei “biscioni” durante la 2° edizione disputata. Il mini-ciclo di Trapattoni si concluse con un bellissimo regalo di addio: la vittoria della Coppa Uefa 1990/91 a discapito della Roma (2-0 e 0-1), ovvero la 1° nella storia del club.

In seguito all’uscita di scena del “Trap”, la squadra visse un periodo altalenante: il 2° posto nel campionato 1992/93 sotto la direzione Bagnoli alle spalle dei cugini e la conquista della Coppa Uefa 1993/94 dinanzi al Casino Salisburgo (diressero prima Bagnoli, poi Marini) fecero da contraltare a stagioni anonime o negative come l’8° piazzamento nel campionato 1991/92 (in panchina Orrico a precedere Suarez) con salvezza, di 1 solo punto, nel 1993/94, malgrado la concomitante affermazione internazionale, guadagnata alla penultima giornata. Soggetta a forti critiche che coinvolsero anche Bergomi, divenuto capitano a tutti gli effetti, la retroguardia dell’Inter fu rivoluzionata nell’estate del 1994 dalle cessioni di Ferri e Zenga (amici del nostro eroe fin dalle giovanili oltre che compagni pure in maglia azzurra), che passarono alla Sampdoria nell’ambito della trattativa che portò in nerazzurro Pagliuca.

Dopo altri due campionati privi di squilli in cui Bianchi/Suarez/Hodgson non riusciranno a far quadrare la situazione, l’Inter recuperò competitività tra il 1996 il 1998. Guidati ancora dall’inglese, i meneghini ottennero il 3° posto nel 1996/97 e raggiunsero la finale di Coppa Uefa, persa ai rigori contro lo Schalke 04 fra le mura amiche (nella sera dell’unica espulsione di Zanetti: una notte maledetta). Bergomi, spesso schierato nel ruolo di terzino sinistro, si espresse su buoni livelli. Per il 1997/98, il club nerazzurro nominò come nuovo allenatore Simoni, che pose Bergomi al centro del suo progetto tattico, facendogli ricoprire il ruolo di libero nel 3-5-2. Bergomi ripagò l’allenatore con prestazioni convincenti, contribuendo all’argento in campionato (dopo i roventi veleni di Juventus-Inter 1-0 a causa del rigore non dato a Ronaldo per fallo di Iuliano) e alla vittoria della Coppa Uefa (per la 1° volta in finale unica su campo neutro) ai danni della Lazio per 3-0, la 3° (ad oggi ultima) sia per la squadra nerazzurra che per Bergomi.

Stabilì inoltre diversi record di presenze, superando Clemence nelle coppe europee, Vierchowod in Coppa Italia (119 a 36), Facchetti per partite in campionato con la maglia dell’Inter (519 a 476), Rivera per derby disputati (43 a 42), Franco Baresi per partite totali con un’unica squadra italiana (533 a 532). L’ottima stagione disputata gli valse il ritorno in nazionale e una maglia per il mondiale 1998.

La stagione seguente, in cui tagliò il traguardo delle 750 gare in maglia interista, non fu così fortunata: l’Inter chiuse un’annata travagliata all’8° posto cambiando 4 tecnici (Simoni/Lucescu/Castellini/Hodgson) e Bergomi, che aveva ceduto a Ronaldo il ruolo di capitano, decise di ritirarsi poiché non rientrava nei piani del nuovo allenatore Lippi…l’ultima presenza in carriera fu quella del 23/5/1999, in occasione della vittoria casalinga (3-1) contro il Bologna all’ultima di campionato (la settimana dopo salterà i 2 spareggi Uefa sempre contro gli emiliani).

Con l’Inter, Bergomi ha giocato in tutto 757 partite (28 reti), di cui 519 in Serie A (23 reti), 117 in europa, 119 in coppa nazionale (5 reti), 1 nella Supercoppa Italia e 1 nel Torneo di Capodanno 1981. Primatista di presenze in Coppa UEFA e Coppa Italia con la maglia nerazzurra, è preceduto dal solo Janetti per presenze totali (957), in Serie A (618), nelle competizioni internazionali (159) e nel derby (46).

Esordì nella nazionale maggiore a 18 anni, il 14/4/1982, nella partita amichevole contro la Germania Est disputata a Lipsia. Il commissario tecnico Enzo Bearzot lo convocò quindi per il mondiale 1982 (iniziato con 3 pareggi ed un misero 2° posto nei gironi con Polonia/Perù/Camerun ma seguiti dalla vittoria con l’Argentina detentrice della coppa), consentendogli di diventare il più giovane giocatore azzurro a prendere parte a un campionato del mondo: il difensore fu impiegato per la prima volta nella sfida contro il Brasile, subentrando alla fine del primo tempo all’infortunato Collovati con il compito di marcare a uomo il centravanti Serginho (dirà anni dopo: <<QUANDO ENTRAI MI SPAVENTAI MA MI PASSO’ L’ANSIA: SERGINHO AVEVA LE BRACCIA GROSSE COME I MIEI POLPACCI>>) intanto che il suo idolo d’infanzia Gentile teneva a bada il fenomeno Zico…Bergomi giocò un’ottima partita macchiata solo dalla deviazione che favorì la rete di Falcao per il secondo, momentaneo, pareggio verdeoro (3-2 il finale). Inizialmente destinato alla panchina, Bergomi scese in campo da titolare anche nella semifinale contro la Polonia per un lieve infortunio occorso al portiere Zoff, che rese difficoltosi i suoi rinvii da fondo campo, spingendo Bearzot a schierare il terzino dell’Inter, elemento adatto a rilanciare l’azione dalle retrovie (2-0 per noi); a causa dell’indisponibilità del regista Antognoni, nella finale contro la Germania Ovest, Bergomi disputò dal primo minuto anche l’atto conclusivo del torneo. Nel corso della finale, vinta per 3-1, il diciottenne milanese marcò efficacemente l’attaccante tedesco Rummenigge (suo futuro compagnia a Milano) e fu protagonista dell’azione del gol di Tardelli per il momentaneo 2-0 italiano tramite un “power play” fuori da ogni schema coadiuvato dal ibero Scirea. Al triplice fischio dell’arbitro Coelho, Bergomi si laureò campione del mondo, diventando il secondo giocatore più giovane (18 primavere) a fregiarsi di questo titolo dopo Pelè nel 1958 (che lo conquistò a 17 anni e 244 giorni).

Dopo la vittoria del torneo, Bergomi prese parte ad alcune gare di qualificazione all’europeo 1984 (l’Italia si classificò penultima nel girone, non approdando alla fase finale), e successivamente fu titolare al mondiale 1986, al quale gli azzurri furono qualificati di diritto in quanto campioni in carica. Complice una squadra logora, contraddistinta da molti giocatori a fine carriera, la nazionale di Bearzot non convinse e venne eliminata negli ottavi dalla Francia (solo 1 vittoria, contro la Corea del Sud, e 2 pari dinanzi a Bulgaria e Argentina futura vincitrice).

Durante la gestione di Azeglio Vicini, Bergomi realizzò ognuna delle sue 6 reti in maglia azzurra, mettendo a segno le prime due nell’amichevole dell’8/10/1986 contro la Grecia, coincidente con l’esordio del nuovo CT; in tale occasione, Bergomi divenne il primo difensore capace di segnare una doppietta con la maglia della nazionale italiana, e indossò per la prima volta la fascia da capitano, dopo la sostituzione di Altobelli. A partire dal 20/2/1988, in occasione del 4-1 sull’URSS, divenne a tutti gli effetti capitano degli azzurri, ruolo che ricoprirà dal primo minuto per 33 partite. Sotto la gestione di Vicini prese parte all’europeo 1988, venendo inserito nella squadra ideale del torneo (assieme ai compagni Maldini/Giannini/Vialli), e al mondiale casalingo 1990 chiusosi con 6 vittorie unite ad un pari (10 segnature e 2 reti incassate) manifestazioni in entrambi i casi concluse in semifinale (prima a favore dell’URSS, poi dell’Argentina di Maradona nella maledetta notte di Napoli in cui lo stesso Bergomi limitò benissimo “el pibe de oro” assieme a Ferri).

Il 5/6/1991, durante una partita valida per le qualificazioni all’Europeo 1992 (Norvegia-Italia 2-1, penultima gara dell’era Vicini), Bergomi fu espulso a pochi secondi dal suo ingresso in campo al 60°, dopo uno scontro di gioco con Pedersen, seguito da un alterco con Sorloth; la successiva squalifica per sei giornate e l’approdo sulla panchina azzurra di Arrigo Sacchi determinarono una lunga interruzione della sua carriera in nazionale soprattutto per la vecchia rivalità milanese oltre all’incompatibilità di carattere e intenti: il nuovo CT preferì infatti affidarsi a giocatori avvezzi alla “difesa a zona”, talvolta rinunciando a elementi di maggior tasso tecnico ma poco adatti al suo metodo di gioco, tra i quali Bergomi stesso.

Sette anni dopo l’ultima apparizione in azzurro, a 34 anni Bergomi tornò in nazionale in occasione del mondiale 1998, convocato da Cesare Maldini al posto dell’indisponibile Ferrara (rimasto fuori per un gravissimo infortunio). Dopo essere sceso in campo nell’amichevole pre-Mondiale contro la Svezia, fu chiamato a sostituire l’infortunato Nesta (rottosi il ginocchio in un violentissimo scontro con Pfeifenberger) contro l’Austria (3° turno della fase a gruppi) per poi giocare, come libero nel 3-5-2 voluto da Cesare Maldini, da titolare gli ottavi di finale contro la Norvegia e i quarti di finale contro la Francia futura vincitrice, che eliminò l’Italia dagli 11 metri (3 volta consecutiva), in quella che fu l’ultima delle 81 presenze di Bergomi in maglia azzurra (purtroppo giocherà “solo” 4 mondiali, mentre se ne avesse fatti 5, aggiungendoci l’occasione che Sacchi gli negherà negli USA nel 1994, avrebbe eguagliato il record di partecipazioni di Buffon nel 1998-2014); un traguardo, questo, che all’epoca gli valse il quarto posto nella classifica di presenze in nazionale, a pari merito con franco Baresi e Tardelli: il commissario tecnico e i compagni di squadra spesero parole di elogio per il rendimento e la condotta del giocatore durante la competizione. Con quattro Mondiali disputati, Bergomi è secondo, dietro Buffon, tra i giocatori italiani con più partecipazioni alla competizione iridata, a pari merito con Albertosi/Cannavaro/Paolo Maldini/Rivera/Zoff.

Nel febbraio 2008 è diventato l’allenatore degli esordienti dell’Inter. Nel 2008-2009 allena l’Accademia Internazionale, con la quale vince anche il Campionato Allievi Dilettanti; nel corso della stagione 2009-2010 allena gli Allievi del Monza e nella stagione 2010-2011 i Berretti. Il 7 luglio 2011 assume la guida tecnica della squadra Berretti dell’Atalanta: con gli orobici arriva fino alla finale del campionato perdendo con l’Inter, sia la gara d’andata per 3-0, che quella di ritorno per 3-4. Nella stagione 2012-2013 vince il Campionato Berretti con l’Atalanta battendo in finale proprio l’Inter con un risultato complessivo di 4-2 (1-0 per i milanesi all’andata e 4-1 esterno dell’Atalanta nella partita di ritorno). Il 25 luglio 2013 assume la guida tecnica della Berretti del Como e mantiene l’incarico sino al 10 luglio 2014; nella stagione 2017-2018 collabora con Giuseppe Chieppa alla guida degli allievi regionali dell’Accademia Internazionale ma il 28 maggio 2018, la società annuncia che, per la successiva stagione, Bergomi si occuperà personalmente della classe 2003.

Da ormai 21 anni è diventato uno degli opinionisti di punta del calcio italiano assieme al suo amico Fabio Caressa, con cui sono stati le voci ufficiali di SKY Sport ai mondiali 2006 ma nulla potrà mai regalare la stessa gioia che regalava quando si faceva applaudire da tutta Italia come uno dei migliori difensori del nostro calcio negli anni di massimo splendore per il nostro movimento (aveva concorrenti a livello di Vierchowod/Ferri/Ferrara/Maldini jr/Nesta/Cannavaro/Costacurta e nemici tipo Van Basten/Careca/Voller/Sosa/Weah/Baggio…non proprio dei “damerini” in quanto a classe ed agonismo): la speranza è che il suo mito resti in eterno come dissero spesso i suoi 3 presidenti Fraizzoli/Pellegrini/Moratti jr…Giuseppe Bergomi, l’italiano che più di tutti dedicò la vita all’Inter.

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