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Il suo Leicester, capolista in Premier, sabato aspetta lo United di Van Gaal, secondo: “Quando era al Barça l’ho battuto tre volte su tre. Ora alleno Vardy, il Torricelli d’Inghilterra. Le mie sconfitte in Grecia? La situazione non mi sembra migliorata…”
MILANO – Alle 10 del mattino Claudio Ranieri ha già letto i giornali e smanettato sull’iPad. È domenica, giorno che di solito l’allenatore romano trascorre a Londra, ma un mal di schiena della moglie Rosanna ha consigliato alla famiglia Ranieri di restare nella casa di Leicester, non lontano dal centro. «Cielo grigio e freddo», il bollettino riportato dal manager italiano, ma splende il sole sul suo Leicester, in testa alla Premier.
L’imperatore romano che conquistò la Britannia si chiamava Claudio.
«Diciamo che sono tornato a casa. E godiamoci queste giornate».

Ora non ripetiamo la storiella che i 40 punti sono il vostro obiettivo.

«E io invece mi ripeto. Arriviamo a quota 40, poi vediamo. Ho il dovere di tenere i piedi a terra».

Prendendo alla lettera il suo ragionamento mancano 12 punti alla meta: con 25 gare ancora da giocare, in un paio di mesi missione compiuta.

«Ora viene il difficile: da qui a Capodanno abbiamo un ciclo terribile. Dobbiamo giocare contro Manchester United, Swansea, Chelsea, Everton, Liverpool e Manchester City».

Sabato Leicester-Manchester United, la prima contro la seconda. E Ranieri contro Van Gaal.
«Grande sfida. Il Manchester è un colosso del calcio mondiale e Van Gaal uno degli allenatori più importanti in circolazione».
Dal 18 al 27 febbraio 1999 il Valencia di Ranieri incontrò tre volte il Barcellona di Van Gaal. Vinse sempre Ranieri.
«Ricordo bene. Il 18, finì 3-2 a Barcellona nell’andata dei quarti di Copa del Rey. Il 24, 4-3 per noi al Mestalla nel ritorno e, il 27, 4-2 al Camp Nou in Liga. A fine stagione conquistammo la Copa del Rey battendo 3-0 in finale l’Atletico Madrid».

Undici gol il Valencia, 7 il Barça: una lezione a Van Gaal sul suo terreno preferito, il calcio spettacolo.

«Avevo una grande squadra. Claudio Lopez era un iradiddio. C’erano Mendieta, Carboni, Ilie».

Oggi allena Vardy, Mahrez, e Schmeichel junior.

«Vardy è il Torricelli d’Inghilterra. Tre anni fa giocava tra i dilettanti. È il simbolo della squadra per il suo modo di interpretare il calcio: segna, attacca gli spazi, è il primo a pressare, non si arrende mai».

Gli ha regalato la standing ovation a Newcastle.

«Lo meritava dopo aver segnato per la decima giornata di fila, ma volevo anche non rischiare. In settimana aveva avuto un problema fisico».

Che cosa rappresenta questa avventura per lei?

«Mi pare di rivivere i tempi di Cagliari, Firenze e Valencia. Stiamo lavorando a un progetto. La società mi ha chiesto di porre le basi per il futuro».

Solo questo?

«Beh, sto dimostrando di non essere bollito come sembrava dopo le sconfitte con la Grecia. Mi pare che la situazione non sia migliorata dopo la mia partenza».

Anche in Italia l’esperienza all’Inter non era andata benissimo
.
«Sono l’unico allenatore al quale, negli ultimi anni, l’Inter ha venduto i giocatori».

Non male guardare anche Mourinho dall’alto in basso.

«Ho letto che ha evocato la figura di Tom Cruise e il film “Mission: impossible” per indicare le speranze del Chelsea di riconquistare il titolo. Io dico che Mou arriverà tra i primi quattro».
Il Liverpool ha battuto Chelsea e Manchester City fuori casa: effetto-Klopp?
«La sua mano c’è e si vede. Il Liverpool ha già assimilato le sue idee».
Il Real esce a pezzi dal Clasico.
«A Madrid sono riusciti a distruggere la macchina costruita da Ancelotti. Il Barcellona è già in fuga e non lo riprenderanno più».

In Italia lotta a 4 Inter, Napoli, Fiorentina e Roma.

«Roma a parte, mi auguro vinca una tra Napoli e Fiorentina. Il Napoli era già forte, ma ha trovato in Sarri un ottimo direttore d’orchestra».

Un figlio della gavetta.

«La gavetta è la strada maestra. Io ho cominciato a Pozzuoli e Lamezia Terme. Per questa ragione sto con Sarri».

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