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L’azzurro agli Hornets è tornato a brillare dopo la difficile stagione a Sacramento: “E’ un’organizzazione seria, sento molta fiducia e vado in campo per cercare di non deludere chi ha creduto in me. Jordan? Ci trasmette la sua voglia di vincere”

MILANO – Marco Belinelli non ha dimenticato gli Spurs. “Sono ancora emozionato per la cerimonia del ritiro della maglia di Tim Duncan – racconta in conference call da Charlotte, la città in cui sta tornando ai livelli toccati a San Antonio dopo la difficile parentesi a Sacramento -. E’ stato pazzesco, le parole di Duncan, Parker, Ginobili e Pop mi hanno fatto capire la fortuna che ho avuto a giocare con un grandissimo campione come lui. Dispiace non vederlo più in campo”. Rivivere per una serata le emozioni provate in due stagioni con gli Spurs, però, è stata solo una parentesi, una distrazione per l’azzurro che ha in testa solo gli Hornets. E’ il leader di una delle migliori panchine Nba, 6° uomo di lusso con fiducia totale di coach Clifford e di patron Michael Jordan. E anche grazie a questo sta segnando come nel 2014, la stagione in cui vinse il titolo a San Antonio e la gara da 3 all’All Star Game, e tirando da tre come mai in carriera. “Agli Hornets mi risento vivo dopo una stagione particolare a Sacramento” proclama con l’entusiasmo di chi è tornato a divertirsi in campo.

Marco, cosa rende speciale Charlotte?
“Mi ha fatto tornare la voglia di mettermi in gioco, di crescere ad ogni allenamento e ad ogni partita. E’ un’organizzazione seria, che vuole migliorare dopo gli ottimi risultati della scorsa stagione. E questo per me è importantissimo, come avere attorno persone che hanno fame di vittorie. Sento molta fiducia in me, e questo mi fa sentire importante. Vado in campo cercando di dare tutto per non deludere chi ha creduto in me”.

Sta tirando bene come non mai dall’arco: punta a tornare all’All Star Game?
“Perché no? Se mi invitassero a rappresentare l’Italia e la mia squadra nella gara da tre punti (si gioca a New Orleans, proprio dove vinse nel 2014, ndr) sarebbe importante. Ma i miei obiettivi principali sono altri: essere importante per la squadra, portare punti e aiutare a vincere le partite”.

Finora è, statisticamente, la sua miglior stagione.
“Sì, le mie percentuali ora sono positive, dopo più di un quarto di stagione, e spero di continuare così. Sono contento in questo gruppo, sono tornato a sentirmi un giocatore, a sentirmi vivo”.

E’ contento del suo ruolo di 6° uomo?

“Sì, perché è un ruolo importante e sono molto contento qui. Cerco di essere me stesso facendo quello che mi chiede il coach: essere aggressivo, portare punti, creare per i compagni e dare il meglio in difesa”.
Ha metabolizzato l’idea di giocare per Michael Jordan?
“Sì, dopo due mesi sì. La prima volta che l’ho visto accanto alla panchina ero emozionato. Ora l’ho conosciuto meglio come persona: è divertente, ha voglia di vincere e crede in questo gruppo. Ci dà tanti consigli anche quando è seduto accanto alla nostra panchina durante le partite, ci trasmette la sua motivazione e la sua voglia di vincere. Già adesso mi rendo conto di cosa vuol dire giocare nella sua squadra. Penso che lo capirò meglio quando smetterò o quando ripenserò a questa situazione cosa ha significato giocare per Michael Jordan”.


Dove può arrivare Charlotte?

“Siamo nelle prime 3-4 posizioni della Eastern Conference, in una classifica molto corta. Possiamo però migliorare: dobbiamo cercare di essere più continui. Siamo un bel gruppo, ho attorno persone che stimo molto”.

Questa è la stagione che porta all’Europeo…

“Ero abbastanza sicuro che Messina sarebbe rimasto c.t.: lui vuole vincere, non se ne sarebbe mai andato dopo un’estate così così come quella di Torino. Come gruppo abbiamo imparato tanto dagli errori commessi negli anni passati e proveremo a limitarli, cercando di essere un gruppo più esperto con più voglia di vincere. Ma abbiamo quello che serve”.
Cosa pensa della scelta di Gentile di andarsene da Milano?
“Sento spesso Ale, credo avesse bisogno di andare via dall’Italia per ritrovare se stesso e tornare quel giocatore di talento e con voglia di vincere forte che è sempre stato. Sono contento sia andato via da Milano e abbia scelto il Panathinaikos, una squadra di alto livello in Eurolega che gioca in un campionato tosto come quello greco. Gli auguro il meglio, di tornare a sentirsi vivo. Sarà importante anche per la Nazionale”.

Il 6 gennaio torna il derby di Bologna, che lei ha vissuto sia con la Virtus che con la Fortitudo…
“A Bologna ci sono tifoserie pazzesche, spero che questa possa tornare ad essere una grande partita come in passato. Ricordo il mio primo derby, la chiamata di Bianchini e la prima tripla al PalaMalaguti. Le prime volte avevo paura: il derby è una partita a cui pensi per tutta la settimana, e per me valeva ancora di più, venendo da San Giovanni in Persiceto. Ma dopo le prime 2-3 volte ero più tranquillo, anche se sapevo che sarei stato preso di mira dalle tifoserie. Ricordo Danilovic, Ginobili, Carlton Myers: il derby di Bologna è davvero pazzesco”.

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