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A marzo l’incontro-chiave con Pallotta. Lo vogliono dagli Usa alla Cina

ROMA – Sì, sarà pure roba da Raccordo Anulare, la grigia sovranità su una striscia di terra, ma adesso che il rapporto inespugnabile tra Francesco Totti e la Roma vacilla il clangore dell’evento arriva dovunque. Così come in Cina nel quinto secolo vennero a sapere che a occidente un grande impero era caduto. In Cina come sul Golfo Persico e dall’altra parte, nel mondo nuovo, ora sanno che il capitano della Roma dopo quasi un quarto di secolo mastica pensieri amari. Hanno cominciato a chiamare da là dove Totti può ancora essere un giocatore che trasforma le squadre e non soltanto per venti o venticinque minuti. Una manciata di richieste di informazioni di squadre statunitensi, così, da un finanziere all’altro, è arrivata allo stesso James Pallotta: scusa, ma è vero che Totti vuole andare via dalla Roma? Non è che il presidente della Roma non sappia che cosa sta accedendo, però in questi casi la smorfia perplessa è prevista dal gioco della recita d’affari.

PERDERE L’ANIMA – Il capitano stanco e deluso ha detto di voler continuare a giocare e che a giugno nessuna ipotesi verrà lasciata morire invano. Fosse la prima volta che soffia qualcosa di simile ci sarebbe da preoccuparsi, ma in realtà è già accaduto in un paio di occasioni che nei paraggi di un rinnovo di contratto Totti abbia suggerito l’idea di un futuro da giocatore lontano dalla Roma, di una bandiera in cerca di una nuova asta su cui sventolare. In quei casi c’era una società alla quale perdere Totti appariva come perdere l’anima. Può darsi che oggi anche quel tempo sia tramontato, come svanisce qualsiasi umana grandezza.

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