NAPOLI – È il 5 Agosto 1980, il giorno che cadono le stelle…Roma sta esprimendo tutti i suoi desideri. Pur essendo la città deserta per le vacanze estive, 5000 sostenitori giallorossi si danno appuntamento a Fiumicino dove sta atterrando un aereo: quasi nessuno sa che da lì scenderà il loro nuovo re venuto da Porto Alegre e che, nei 10 anni precedenti, ha fatto sfracelli con la nazionale verdeoro giocando da protagonista il mondiale del 1982 con una delle migliori selezioni carioca mai viste (oltre che al suo storico club: l’Internacional)…il nome è di quelli che non si possono dimenticare dopo averlo visto con una sfera di cuoio fra i piedi: PAULO ROBERTO FALCAO, il più italiano dei brasiliani.
Inizialmente l’ingegner Viola voleva tesserare Zico, il n.10 per autonomasia: bello, tecnico, rapido, veloce, imprevedibile…ma l’allenatore Liedholm (il “Barone”) aveva altri programmi: «Presidente, lei vuole un giocatore per il calcio bello o per le vittorie? Perché nel primo caso meglio Zico, ma nel secondo Falcao non ha pari». Inizia così l’avventura di Falcao alla Roma: il mister mette subito il 26enne universitario al centro del suo progetto assieme ad Ancelotti, Di Bartolomei, Conti…sostenendo che «Paolo nelle prime partite ha preso 3 palloni, lui deve giocarne 400 a gara»; il cambiamento che doveva arrivare non era tanto tecnico e tattico quanto mentale: “Roma” era un nome troppo importante per non essere riportato nell’elite’ del soccer nazionale e proprio un campione come “‘O Rej” era l’uomo giusto per rendere la “Lupa” una potenza capace di giocarsela con tutti alla stessa maniera senza avere paura di nessuno…neanche di Juventus e Torino o Milan e Inter.
Onorera’ il suo nuovo popolo per 4,5 stagioni (1980-1984) essendo il 2° leader più importante della formazione nonostante la sua esperienza verrà minata da un ginocchio in pessime condizioni da tempo: chi ha vissuto l’era del “Divino” non potrà mai dimenticare la sua regalità, quel suo modo di giocare sempre a testa alta, quella capacità di non sporcarsi mai la maglia pure nei frequenti duelli di un calcio maschio e duro come era in quegli anni, la sua classe nel toccare il pallone fino ad addomesticarlo in un secondo, l’umiltà di correre ininterrottamente per 90 minuti, la serietà e l’esempio mostrato ai compagni di tramutarsi in difensore aggiunto o attaccante di complemento a seconda della dinamica di un’azione, il suo spirito di adattamento alla tattica europea nonostante il DNA da funambolo sudamericano…farà parte di un centrocampo fra i più forti che si siano mai visti in Italia (non che del primo club a vincere il tricolore giocando a zona) ergendosi ad uno fra componenti più imprescendibili nel primo lustro del ciclo maggiormente vincente della storia capitolina: 1 scudetto (a 41 anni dal precedente), 3 coppe Italia, 2 secondi posti, 1 terzo posto in campionato, 1 finale Coppa dei Campioni persa.
Il Napoli non è stato una delle sue vittime preferite: vi segnera’ contro solo 2 reti, di cui una in casa, ma il suo secondo gol con i partenopei è essenziale poiché fu l’ultimo prima dell’addio al calcio italiano, è il 16/12/1984 e si gioca Napoli-Roma: arriverà lì la sua sola realizzazione sotto il Vesuvio; poco dopo consumerà il suo divorzio dai giallorossi con l’ufficiosa motivazione di divergenze economiche e sportive dettate dal suo procuratore con il presidente della società, ma forse le cose non andarono proprio così…
Quando c’era Falcao, era quando i romanisti erano re, con lui il popolo è andato al potere…a 2400 anni dalla fine dell’età antica la città eterna elesse il suo nuovo imperatore, anche se stavolta non aveva la toga rossa e il diadema bianco ma la maglia giallorossa e il numero 5 stampato sulla schiena, dunque non è un caso che durante la sua permanenza sotto il colosseo venne ribattezzato soprattutto “L’Ottavo Re di Roma”…capace di portare la sua gente dove non era mai stata prima: nell’Olimpo del calcio italiano ed europeo come nelle fantastiche notti di coppa contro il Colonia e il CSKA Sofia o quel fatidico pomeriggio a Pisa nel 1983 quando prese per mano i suoi sudditi portandoli a cucirsi virtualmente lo scudetto con una prestazione sontuosa ad un mese dal traguardo…già, proprio come un re.
Roma è una delle città più passionali, veraci e accorate che esistano…per questo non ringrazierà mai abbastanza colui che le insegnò, forse, più di tutti a scrivere il proprio nome “ROMA” in maiuscolo e a guardare negli occhi ogni avversario continuando a tramandare di generazione in generazione l’amore per questo campione sbarcato direttamente dal sole nonostante vicissitudini della sua esperienza nell’urbe immortale chiacchierate come il mancato tiro di rigore della finale del 30/5/1984, il figlio illegittimo avuto da una donna della Roma bene, la presunta richiesta di cessione all’Inter.
Roma, dall’alto della sua storia millenaria, non dimenticherà mai quel nome in grado di far cambiare una cosa, “TUTTO” e forse non sono neanche abbastanza i soprannomi che gli vennero assegnati: PAULO ROBERTO FALCAO, L’ITALIANO DEL BRASILE.