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ROMA – L’Europa del 2° dopoguerra si trovava in ginocchio sotto tutti i punti di vista e vi furono moltissimi esuli che scapparono dalle proprie patrie d’origine per cercare fortuna in altri luoghi. Fra questi vi era un soldato dell’Armata Rossa originario di Kiev che fu tenuto prigioniero a Bolzano, Pisa, Modena ma che scelse lo stesso di restare in Italia stabilendosi a Spirano, nel bergamasco, dove mise su famiglia…si chiamava Ivan Lukjanovic  Verchovod ed è stato padre di uno dei più forti difensori italiani di sempre: Pietro Vierchowod, lo “Zar” di Calcinate.

Il nostro protagonista viene al mondo il 6/4/1959 e crescerà, come tutta la generazione dei suoi futuri colleghi coetanei, giocando a calcio per la strada in un’epoca durante la quale ognuno aveva poco ma, forse, si viveva meglio sapendo che per essere contenti bastavano 2 oggetti per fare una porta, 1 palla e qualche amico per giocare intanto che l’Italia si proiettava verso il “boom economico”, un “boom” che anche il giovane stopper troverà fra poco: dopo aver militato nell’oratorio comunale, si trasferisce alla locale rappresentativa Romanese avendo solo 13 anni e ci passerà 3 stagioni di cui appena 1 in 1° squadra accumulando 3 misere presenze…essenziali, però, per farlo finire sotto i riflettori del Como dopo essere stato scartato pure dal Milan.

Lo stadio “Senigallia” sarà la sua 1° casa professionistica per 5 annate totalizzando 115 presenze con 6 gol: 1975-81 e lui resterà fra i giocatori più amati della società lombarda avendo centrato la doppia promozione Lega Pro-Serie A in appena 24 mesi fra il 1978 e il 1980 (riuscendo anche a misurarsi con un totem come Boninsegna, militante nel Verona per il finale di carriera)…sarà “battezzato” in massima categoria il 14/9/1980 in Como-Roma 0-1, giorno dell’esordio ufficiale nel nostro campionato anche di un altro nome discretamente noto: Paulo Roberto Falcao.

L’estate del 1981 viene acquistato da Paolo Mantovani, insediatosi da appena 2 anni alla Sampdoria, per divenire una delle certezze del team genovese ma, sorprendentemente, il 15/7 viene girato in prestito alla Fiorentina sfiorando lo scudetto in un torneo assai controverso (vedremo un finale contestatissimo specie per quello che accadde nell’ultimo turno: Catanzaro-Juve 0-1 grazie ad un netto rigore non dato ai calabresi, un penalty non nettissimo in favore dei piemontesi e Cagliari-Fiorentina 0-0 in cui sarà annullato un gol regolare a Bertoni per un presunto fallo in attacco di Graziani sul portiere sardo) che vedrà trionfare la solita Juventus ma gli frutta anche 32 apparizioni+2 reti.

L’estate del 1982, dopo aver vinto i mondiali di Spagna senza mai scendere in campo essendo riserva di Collovati/Bergomi, pensa che ormai sia arrivato il suo momento per tornare in Liguria…ma pure qui succede l’imponderabile: Mantovani ha bisogno di incontrare il presidente del consiglio Giulio Andreotti e decide di chiedere aiuto al suo amico Dino Viola (grande presidente mai dimenticato dai romanisti nonché, all’epoca, senatore della Democrazia Cristiana ed amico proprio dello stesso Andreotti)…l’ingegnere accetta e come scambio di favori ottiene di farsi prestare quello che è divenuto già uno dei migliori difensori del campionato e, sicuramente, il più veloce; questo è uno dei passaggi decisivi che porteranno al 2° scudetto della storia giallorossa l’8/5/83: avendo una difesa zonista comandata da un rivoluzionario come coach Liedholm, con 2 terzini fluidificanti tipo Maldera, Nela ed un libero nato come regista al livello di capitan Di Bartolomei, il nostro stopper giocherà uno dei ruoli principali soprattutto per l’equilibrio che dava oltre ad annullare sistematicamente i bomber avversari maggiormente ostici tipo gli ex compagni in azzurro Rossi/Graziani/Altobelli riuscendo a mettere insieme la bellezza di 36 gare fra campionato e coppe (100% sulle 30 totali di Serie A).

Finalmente torna alla base nel 1983, intanto che i blucerchiati guidati prima da Bersellini e poi da Boskov, erano tornati da appena 12 mesi ai massimi livelli (in seguito a 5 stagioni di cadetteria), e vi resterà per 12 stagioni riuscendo a rifiutare diversi altri trasferimenti potendo raggiungere 413 partite giocate in cui troverà la porta ben 29 volte fra cui un gol dell’ex decisivo per lo scudetto in Roma-Sampdoria 0-1 del 14/4/91 (dopo essere già andato a segno il 13/3/1990 nel medesimo match): si ergerà a colonna portante della squadra che vincerà tutto ciò che ora la bacheca sampdoriana contiene oltre a diversi traguardi sfiorati…1 Scudetto (ottenuto il 19/5/91), 1 Supercoppa Italia lo stesso anno (sempre dinanzi ai suoi ex tifosi), 4 Coppe Italia (1984/85, 1987/88, 1988/89, 1993/94), 1 Coppa delle Coppe nel 1989/90 ma gli resteranno anche grossi rimpianti come la Coppa delle Coppe mollata al Barcellona nel 1988/89 in finale o la Coppa dei campioni del 20/5/92 persa ancora contro i catalani a “Wembley” (di gran lunga la delusione maggiore della storia del club di Rapallo Bogliasco); questi sono anche gli anni dei mitici scontri contro i migliori bomber del mondo, in quel tempo alberganti tutti da noi: Maradona/Careca/Van Basten/Voller/Diaz/Sosa…scontri mitologici nell’epoca delle marcature a uomo in cui serviva commettere reati penali per far in modo che l’arbitro fischiasse e senza neanche ammonire…

Il divorzio si consuma il 16/6/95 a ormai 36 anni suonati in favore della Juventus allenata da Lippi per 500 milioni di lire e in Piemonte lo seguiranno Lombardo, Jugovic con il preciso intento di vincere quella Champions mancante dalla bacheca di Vinovo dalla tragica notte del 29/5/1985 (“la Strage dell’Heysel”): obiettivo raggiunto il 22/5/1996 a Roma (proprio a Roma…nella “sua” Roma, ove i giallorossi stessi avevano dovuto soccombere il 30/5/1984 dinanzi al Liverpool cedendogli la medesima coppa dopo un esito crudele sempre dal dischetto 1 anno dopo il suo addio ai capitolini) avendo la meglio sull’Ajax ai rigori dopo aver conquistato un’altra Supercoppa di lega contando 31 gare+2 segnature pure se su quel ciclo bianconero si nutrono molti dubbi “chimici” che anni dopo sarebbero venuti alla luce senza neanche troppe conseguenze malgrado prove schiaccianti e una discutibilissima prescrizione…

Deciderà di andarsene a causa della titolarità di Iuliano, Montero accettando la corte del Perugia di Gaucci ma rescinderà il contratto prima dell’inizio della stagione a causa di dissidi con mister Galeone; si trovò senza lavoro fino al 3/9/96, quando il Milan lo tessera per far fronte all’infortunio sopraggiunto a Franco Baresi ma il ricordo più nitido di tale annata fu Milan-Juve 1-6 nel girone di ritorno (2° da ex) da aggiungere a 18 gettoni conditi da 1 rete…decisamente un bilancio negativo con i meneghini.

Il 5/9/97 si accasa al Piacenza restando lì 3 anni e contribuendo a 2 salvezze fra cui quella del 1998/99 con gol decisivo contro la Salernitana a 40 candeline spente facendosi forte di 79 ingressi in campo con 6 marcature totali.

Si ritira nel 2000 (41 compleanni all’Anagrafe, una longevità quasi unica nel mantenersi a certi livelli per riuscire ad affrontare quasi 3 generazioni di attaccanti a livello superiore) dopo aver visto i suoi scendere in cadetteria ed essere riuscito a rendersi comunque protagonista contro nemici a livello di Crespo/Batistuta/Weah/Shevchenko/Delvecchio oltre a poter vantare, tutt’ora, di essere il 7° giocatore per presenze in Serie A dietro Maldini/Buffon/Totti/Zanetti/Pagliuca/Zoff avendo totalizzato 562 gettoni.

Esordisce in nazionale nell’Epifania del 1981 durante Olanda-Italia 1-1 del Mundialito e non giocherà mai un europeo riuscendo a consolarsi, in parte, con i 3 mondiali 1982, 1986, 1990 in cui totalizzerà solo 7 apparizioni su 18 (aggiudicandosi il bronzo nel 1990 con Vicini a seguito del trionfo 2 edizioni addietro ma non riuscendo a ritagliarsi uno spazio adeguato causa una concorrenza spietata da parte di gente come Ferri/Ferrara/ancora Bergomi); la sua esperienza azzurra finisce il 14/4/93 a fronte di 45 comparse+2 reti poiché Sacchi gli preferisce Costacurta per la maggiore versatilità nel gioco “a zona” richiesto dal mister.

Tenterà di sfondare come allenatore e commentatore, ma non riuscirà mai ed eguagliare i vertici raggiunti in campo nel marcare a uomo chiunque riuscendo a seguire la propria “preda” pure fuori dal terreno di gioco facendosi forte della propria velocità oltre a non lesinare botte per chiunque senza mai cadere nella provocazione o nella scorrettezza gratuita: Pietro Vierchowod, lo “zar” italiano.

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