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TORINO – Mancano pochi mesi allo scoppio della II Guerra Mondiale quando a Trieste, ancora sotto il controllo jugoslavo, la minoranza italiana sta iniziando a chiedere la secessione in favore del governo italiano…proprio in una città così strana ma ricca di storia, il 18/8/1939, una coppia come tante del posto dà alla luce un figlio: é biondo e ha gli occhi azzurri come i più valorosi guerrieri dell’epoca vichinga; lo chiameranno Giorgio e crescerà nel capoluogo friulano facendo parte della famosa generazione nata a cavallo del 2° conflitto mondiale, quella che ridarà lustro al calcio italiano a cavallo fra gli anni ’60 e ’70: lo abbiamo detto, di nome fa Giorgio, ma di cognome é ancora più famoso poiché diverrà la più grande bandiera della storia del Toro: stiamo parlando di Giorgio Ferrini…la leggenda granata.

Cresciuto nelle giovanili del team triestino Ponziana ricoprendo il ruolo di mezz’ala ma con grandi capacità di interditore nel momento del bisogno al punto da farsi ribattezzare “diga” per la sua qualità di spezzare il gioco nemico, nel 1955 fu prelevato dal Torino e inserito nel settore giovanile, dove rimase tre anni. Nel 1957 fu provinato dal tecnico federale Giuseppe Galluzzi in vista di un torneo giovanile internazionale ma senza risultati di rilievo.

L’11/8/1958 venne ceduto in prestito al Varese in Serie C e con i biancorossi disputò una positiva stagione da titolare, contribuendo alla salvezza della squadra tramite un dignitoso 10° posto con 34 presenze oltre a 10 reti.

Rientrato dal prestito, fu messo in ballottaggio con Mazzero per il posto da mezz’ala titolare della squadra che si apprestava a disputare il suo 1° campionato di Serie B: il 20/9/1959 esordì con la maglia granata in Sambenedettese-Torino 0-0 mentre la settimana successiva segnò la sua prima rete in Torino-Cagliari 5-0; concluse la stagione con 38 presenze e 3 reti, ottenendo l’immediata promozione in Serie A e rivelandosi fondamentale nell’economia del gioco per corsa come per grinta.

Nella 190/61 fu confermato titolare dall’allenatore Benjamìn Santos e debuttò in A il 25/9/1960 in Torino-Sampdoria 0-1: insieme a Remo Lancioni fu uno dei più impiegati nella formazione che ottenne il 12º posto in campionato.

Trascorse a Torino 16 stagioni (1959-1975), diventando capitano nel 1965 ed essendo il giocatore con più presenze nella massima divisione, 405 con 39 gol realizzati, ed in assoluto, 566 tra campionati (405 in A, appunto, e 34 in B), Coppa Italia (80) e coppe europee (35), con 56 gol in totale (rispettivamente 42, 11, 3) mantenendo sempre una media compresa fra 26-37 apparizioni l’anno sommate a un numero fra 0-10 timbri (realizzati nel 1964/65). Vinse appena 2 Coppe Italia, 1967/68 e 1970/71, riuscendo ad arrivare 3° solo nel 1964/65 (dietro a Inter, Milan) prima di conquistare il 2° posto nel 1971/72 alle spalle dei cugini pur essendo a pari punti con i rossoneri.

L’ultima gara giocata fu Napoli-Torino 1-0 del 22/6/1975, ultima gara del 2° girone di coppa nazionale 1974/75.

Fu convocato dal selezionatore Gipo Viani nella rappresentativa che si piazzò IV alle Olimpiadi di Roma 1960, dove disputò 3 gare: a Napoli contro la Cina (Formosa) 4-1, a Firenze contro il Brasile 3-1 e la semifinale nuovamente a Napoli contro la Jugoslavia, terminata 1-1 e vinta dagli slavi solo dopo il sorteggio. Sempre nel 1960, fu convocato per la gara della nazionale italiana del massimo campionato under-23 contro l’omologa squadra inglese, nella quale entrò al 30° sostituendo il capitano del Bologna Giacomo Bulgarelli.

Con la nazionale maggiore esordì il 13/5/1962 in Belgio-Italia 1-3, alla vigilia del mondiale in Cile: durante questa competizione, dopo una buona prestazione dinanzi alla Germania Ovest nello 0-0 della gara d’esordio in data 31/5/1962, fu protagonista in “negativo” con Mario David della sfida con i padroni di casa del Cile finita 2-0 nonché valevole per la seconda giornata dei gironi, ricordata come la “Battaglia di Santiago” del 2/6/1962…in quella partita dopo 7 minuti di gioco venne espulso dall’arbitro britannico Ken Aston (colui che 4 anni dopo inventò i cartellini giallo e rosso…) per un violento fallo nei confronti del cileno Honorino Landa ma si rifiutò di lasciare il terreno e continuò a giocare fin tanto che non intervenne la polizia a portarlo fuori campo. A differenza di molti protagonisti di quel Mondiale, tornò a giocare in azzurro, dal 23/12/1967 (Italia-Svizzera 4-0 delle qualificazioni ad “Euro 1968” e successivamente il 20/4/1968 ad Italia-Bulgaria 2-0), e la sua ultima gara fu la prima delle 2 sfide della vittoriosa finale dell’europeo 1968 giocato in Italia assieme al suo portiere Lido Vieri, contro la Jugoslavia sabato 8/6/1968 ma dopo che aveva già partecipato alla semifinale contro l’Unione Sovietica nell’annata più gloriosa della sua lunga carriera (il 1° in cui alzerà dei trofei); giocò in totale 7 gare con la maglia azzurra.

Pochi mesi dopo il suo ritiro, mentre ricopriva il ruolo di vice di Luigi Radice nella stagione in cui i granata tornarono a cucirsi lo scudetto sul petto 27 anni dopo la “Tragedia di Superga”, titolo inseguito da Ferrini per tutta la vita, fu colpito 2 volte da emorragia cerebrale (il 25/8/1976 e, dopo un’iniziale ripresa, il 18/10/1976): nonostante 2 operazioni chirurgiche, muore l’8/11/1976 all’età di 37 anni anticipando di 3 settimane il decesso di un’altra figura decisiva del calcio di quegli anni…il tecnico della prima Lazio scudettata nel 1973/74 Tommaso Maestrelli, defunto il 2/12/1976 a Roma. È sepolto nel piccolo cimitero collinare di Pino Torinese ma ancora oggi la sua curva lo ricorda con immutato affetto al pari di eroi come quelli del “Grande Torino” nonostante sia stato fra i capitani meno vincenti della storia torinista avendo incarnato, forse meglio di chiunque altro, l’ideale “cuore granata” che i tifosi hanno sempre chiesto a chi li rappresentava…ha giocato 36 derby vincendone 15 (quello in trasferta del 12/10/1969 fra l’altro lo decise lui all’88° con l’1-2 finale), pareggiandone 10 (fra cui Juventus-Torino 1-1 del 4/4/1965, con lui ancora sul tabellino), perdendone 11 (tra i quali annoveriamo quello da lui firmato per il 2-1 il 5/12/1971); ha dimostrato un attaccamento alla tifoseria della “Maratona” senza eguali vestendo per almeno 10 anni la fascia del condottiero con fierezza anche superiore a quella di un mostro sacro come Valentino Mazzola: Giorgio Ferrini, la leggenda granata.

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