Italy's Graziano Pelle', center, celebrates with his teammate Antonio Candreva after scoring during the Euro 2016 qualifying match between Italy and Malta at the Artemio Franchi stadium in Florence, Italy, Thursday, Sept. 3, 2015. (ANSA/AP Photo/Fabrizio Giovannozzi)

Italy's Graziano Pelle', center, celebrates with his teammate Antonio Candreva after scoring during the Euro 2016 qualifying match between Italy and Malta at the Artemio Franchi stadium in Florence, Italy, Thursday, Sept. 3, 2015. (ANSA/AP Photo/Fabrizio Giovannozzi)

E’ il re degli assist. Se n’è accorto anche il ct Conte. Ha schienato Malta con quel cross corretto in rete da Pellè. Candreva ha cambiato l’Italia. Ha la capacità di trasformare in oro il pallone e gli succede ancora più spesso quando ha la possibilità di attaccare sulla fascia destra. Gol e assist. Mantiene un rendimento pazzesco da tre anni e mezzo. I numeri con la Lazio fanno spavento: 153 presenze, 33 gol, 41 assist. La media: lascia il segno e il suo nome entra nel tabellino, sotto la voce marcatori o assist, una volta ogni due partite. Costanza e regolarità ad altissimo livello. Centrocampista completo, fantasista, attaccante. Antonio è un playmaker offensivo. Pioli lo ha abituato a muoversi e creare gioco sull’intero fronte d’attacco, chiede ai suoi giocatori di non dare punti di riferimento alle difese avversarie, di tagliare verso il centro e scambiarsi di posizione. Succede di vederlo a sinistra con Felipe Anderson a destra, oppure il contrario. Alla Lazio sta tornando alle origini. Era nato centrocampista con propensioni alla costruzione del gioco. Nell’autunno scorso, con la Croazia a San Siro, Conte in nazionale lo impiegò da interno destro nella linea mediana a tre. Candreva rispose con un gol dai venti metri, un’altra sua specialità. E’ maturato, ha acquistato personalità, diventando un giocatore completo. E’ stato uno dei pochi laziali, a Leverkusen nel ritorno dei play off di Champions, a prendere palla e cercare il confronto con il Bayer. Non si nascondeva sul campo. Non è bastato, forse anche perché tutta la squadra biancoceleste non era in vena e faticava a impostare da dietro la manovra, costringendo Antonio e Felipe a prendere palla in una posizione troppo lontana dalla porta per creare pericoli.

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