
MILANO – L’Olanda è uno dei paesi più multietnici oltre che colonizzatori d’Europa assieme a Francia, Inghilterra, Portogallo e fra i possedimenti maggiormente noti troviamo il Suriname, una piccola nazione situata sull’Atlantico a nord del Sudamerica dove verranno alla luce 2 campioni che faranno la fortuna della nazionale arancione mentre lasceranno pure un segno indelebile negli anni ’90 del nostro paese: uno è Clarence Seedorf e l’altro è l’uomo che mise tutta la sua vita a servizio del calcio totale, Aron Winter.
Il nostro protagonista viene alla luce da una povera famiglia di Paramaribo il 1/3/1967 riuscendo a farsi notare sin da giovanissimo come mezz’ala sinistra dalla formazione dilettantistica SV Lelystad in modo da farsi acquistare dall’Ajax a soli 19 anni militandovi per 9 anni (1983-1992 di cui i primi 3 nelle giovanili) e mettendo da parte il discreto bottino di 2 Coppe d’Olanda nel 1986/87 (stesso anno del trionfo in Coppa delle Coppe), 1987/88 con 1 campionato nazionale nel 1989/90 oltre a Coppa Uefa nel 1991/92 al netto di 187 presenze e 44 gol.
Nell’estate post-europei in Svezia del 1992 la Lazio di Cragnotti se lo aggiudica per 5 miliardi di lire permettendogli di passare a giocare nella lega più ricca di campioni di quel tempo: soprattutto sotto la guida di Zeman, Winter riuscirà a migliorarsi anche come ala vera e propria ma la sua posizione prediletta resterà sempre quella richiesta nel centrocampo a 3 grazie alla sua classe nella costruzione del gioco, il suo stile, la sua sobrietà totalizzando 155 partite in cui segnerà 27 volte in un team di altissimo calibro fra cui annoveriamo una spina dorsale formata da Nesta, DiMatteo, Gascoigne, Signori, Casiraghi…una rosa che avrebbe dovuto ottenere molto di più se solo avesse avuto una direzione tecnica diversa da quella del boemo ma rimase miseramente a bocca asciutta…
Nel 1996, stavolta dopo l’europeo in Inghilterra, accetta la corte interista di Moratti perdendo la finale di Coppa Uefa contro lo Schalke04 al termine di un primo anno molto travagliato per incomprensioni tattiche con Hodgson (allenatore ricordato malissimo dai tifosi milanesi anche per molti altri motivi tipo la cessione di RobertoCarlos in favore di un oggetto misterioso come Pistone); già la stagione seguente sarà diversa poiché Simoni lo rende insostituibile assieme a Pagliuca, Bergomi, Djorkaeff, Ronaldo arrivando a vincere la III° Coppa Uefa di quel decennio battendo niente meno che i vecchi compagni della Lazio…e tra l’altro, l’unica sua segnatura in campionato con la maglia meneghina sarà proprio in Inter-Lazio 3-5 del 1998/99 poco prima di lasciare la Lombardia forte di 119 apparizioni condite da 3 miseri timbri.
Chiuderà il percorso da calciatore tornando ai “lancieri” ed allo SpartaRotterdam per intraprendere poi la carriera da allenatore in Olanda o Canada ritrovandosi a dirigere successivamente la selezione greca ma non toccherà mai i picchi di quando faceva innamorare gli sportivi accentrandosi dalla fascia per calciare sul secondo palo o quando illuminava la scena mandando in porta i compagni con scambi velocissimi in spazi impossibili per molti.
Il suo legame più duraturo si instaurerà con la propria nazionale vivendo un periodo tanto effimero sul piano di gioco e dei talenti quanto maledetto per i risultati: vincerà “Euro1988” di riserva di Marc Wouters sotto la guida del rivoluzionario Michels (che aveva già perso, sempre in Germania occidentale, la finale mondiale contro i padroni di casa 14 anni addietro) ma le 3 edizioni seguenti le lascerà tutte dopo cocenti delusioni dovute ai rigori contro Danimarca (semifinale del 1992), Inghilterra (quarti del 1996), Italia (semifinale in casa del 2000) avendo lo stesso destino al mondiale del 1998 dinanzi al Brasile finalista sempre a 11 metri dall’ultimo atto mentre 4 e 8 anni prima le uscite erano arrivate sul campo ancora contro i tedeschi negli ottavi e con i carioca ai quarti (in entrambi i casi futuri trionfatori nelle edizioni 1990 e 1994): 84 gare+6 reti assieme ad 1 oro e 3 IV° posti per un fuoriclasse che ha fatto innamorare di sé chiunque lo abbia visto calcare un campo da calcio: Aron Winter, colui che mise tutta la vita al servizio del calcio totale.
