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Lo sfogo: «volevo esserci al Mondiale ma non mi hanno aiutato». Sul futuro: «Ora la Nazionale è rispettata. Auguri a Ventura»

MONTPELLIER – A mente fredda, è ancora più difficile metabolizzare questa uscita dall’Europeo nell’infame lotteria dei calci di rigore. Arriva Antonio Conte a Casa Azzurri per la sua ultima conferenza da ct. Emozionato, gli occhi lucidi, la commozione che si fa strada.

La sala stampa intuisce il disagio e applaude il ct, che non però riesce a frenare le lacrime. «Oggi è più difficile di sabato, perché abbiamo realizzato che è finita. Dispiace per i ragazzi, che hanno dato tutto, ma un obiettivo lo abbiamo raggiunto: adesso tutti ci rispettano». Conte ci ha tenuto nel passo d’addio alla nazionale a salutare le persone che lo hanno accompagnato in questo percorso: «Non posso che ringraziare tutti, lo staff, i magazzinieri, i cuochi, tutti coloro che hanno lavorato a questo progetto, per me è stato un onore avere a che fare con loro. E un grazie lo debbo a Lele Oriali: in questi due anni ho avuto il piacere di conoscere, apprezzare e scoprire un uomo con valori umani belli. Ringrazio Tavecchio, abbiamo condiviso un’esperienza straordinaria e mi auguro che il mio sia un arrivederci e non un addio. Ringrazio anche voi della stampa, abbiamo lavorato insieme. Ci siamo conosciuti. So perfettamente di non essere una persona semplice, ma penso che in questi due anni abbiamo raggiunto tra noi una stima reciproca».

Il tecnico ci tiene poi a ribadire l’importanza del lavoro svolto che non potrà mai essere offuscato dall’ingenerosa sconfitta ai rigori con la Germania. «Lasciamo una traccia importante che è rappresentata dal grande lavoro svolto. Abbiamo raggiunto l’obiettivo di essere rispettati da tutti e in questi quarti abbiano tenuto testa ai campioni d’Europa e del mondo in carica. Sono altresì convinto che la strada imboccata dalla federazione sia quella giusta per portare sempre più in alto i nostri colori. Adesso tocca a Ventura e gli auguro il meglio possibile».

Il sassolino dalla scarpa se lo era tolto durante la notte ed è stato un j’accuse al calcio italiano. «Confesso che c’è stato un momento in cui avrei voluto continuare per altri due anni il mandato, ma nulla ho potuto davanti ad alcune evidenze che mi hanno fatto capire che non c’erano più i presupposti per andare avanti. Al mio fianco non vedevo nessuno, sembrava stessi andando alla guerra, che fossi io contro tutti mentre la mia battaglia era solo in funzione della nazionale e non per interessi personali. Ad appoggiarmi c’era solo il presidente ma poteva arrivare fino a un certo punto. Mi sono battuto fino all’ultimo (riferimento agli stage mancati e allo spostamento della finale di coppa Italia, ndr) ma sono stati sforzi vani. Abbiamo lavorato ugualmente sodo e credo costruito una piccola macchina da guerra. Mi dispiace perché abbiamo creato una famiglia, un gruppo del quale lasciamo una traccia indelebile del nostro lavoro. Ci sono ragazzi alle prime esperienze che possono crescere. È stato bello perché la Nazionale dà emozioni particolari, noi ci abbiamo messo tanto amore e mi auguro che il messaggio sia passato».

Ora il Chelsea. «Torno a fare l’animale da campo, ma questa esperienza la porterò sempre nel cuore». E la commozione si fa strada anche all’arrivo a Malpensa. Solo cori, applausi e per Conte un rimpianto in più. «Grazie a tutti a nome della squadra. Non vi dimenticherò».

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