Questo è il posto giusto per me, ha detto Antonio Rüdiger appena arrivato a Roma, e non aveva alcuna intenzione di citare Tito Livio. Anche se il senso era pressappoco lo stesso: qui ci difenderemo bene, intendeva il centurione che piantava l’accampamento, qui imparerò a difendere ancora meglio, intendeva il centrale tedesco sceso nella patria dell’accortezza calcistica.
Non sono luoghi comuni duri a morire, non soltanto. L’Italia è effettivamente piena di ottimi allenatori che prima di seminare, se capita, il proprio gioco provvedono a estirpare quello altrui. E sono bravi maestri di pensiero: anche Rudi Garcia ha utilizzato quel che ha appreso nel tentativo riuscito quasi perfettamente di neutralizzare il Barcellona. Tradizione. Ha imparato in fretta anche Rüdiger, evidentemente. Appoggiato da Manolas, protetto dal filtro finissimo di De Rossi, è riuscito a far bollire il terreno dell’area sotto i piedi di Messi e di Suarez. Avrà a lungo diritto di cittadinanza tra i filmati promozionali della Champions League una sua chiusura a fil di rigore sull’uruguaiano. In Germania si erano meravigliati quando la Roma era andata a prenderlo dallo Stoccarda. Non conoscono, non bene quanto la conoscono in Italia, la lunga storia del direttore sportivo Walter Sabatini e dell’officina in cui i difensori centrali vengono rimessi a nuovo e rivenduti a costo maggiorato. E’ un’antica tradizione della Roma alla quale Sabatini ha aggiunto il suo tocco particolare. Per esempio, Romagnoli non ha avuto bisogno di andarlo a prendere. Ma dopo averlo trovato sul posto ha avuto la scintilla di cederlo al Milan trasformandolo in oro.