Il centravanti dà l’addio al calcio segnando su rigore alla Juve: chiude con una retrocessione, dopo aver realizzato 324 reti tra club e Nazionale. L’apice con il titolo di campione del mondo conquistato nel 2006
MILANO – Bianca e Leonardo erano entrambi in braccio al papà dalle spalle larghe e forti, Marta era al fianco del suo inseparabile compagno: l’ultima partita della carriera di Luca Toni regala un commovente quadro familiare prima dell’epilogo più atteso. Al 43′ del primo tempo di Verona-Juve, il ragazzino di 38 anni si avvicina al dischetto e quando Neto è già proteso sulla sua destra, calcia nell’unico modo magico in cui si può battere un rigore: col cucchiaio. La palla entra lentamente in porta e, mentre il Bentegodi applaude, lui fa festa a modo suo facendo roteare la mano accanto all’orecchio destro. Poi, alla fine, si gode la standing ovation che gli regala tutto lo stadio, quando al 40′ del secondo tempo lascia il campo. E magari in quel momento ha il tempo di ammirare gli striscioni che gli avevano dedicato, dal “Clonatelo” a “Toni vice-sindaco”.
EMOZIONI — “È dura dire cosa provo – ha detto Toni a fine gara -. Posso solo dire un grazie a tutti che hanno reso questa serata magica, che ricorderò per sempre. È l’ultima, ma era giusto che arrivasse. Il rigore calciato col cucchiaio? Non so, perché io non sono molto normale, per fare delle cose belle bisogna rischiare. Non sapevo se tirarlo a destra e sinistra e ho deciso per lo scavino. È uno dei momenti più belli e più tristi perché mollare il calcio non è facile: da domani avrò l’entusiasmo di un ragazzino per fare altro, non l’allenatore perché ci sono miei ex compagni che invecchiano 5 anni ogni anno, mi piacerebbe fare qualcosa a livello dirigenziale”.
ANNO MALEDETTO — Toni aveva provato a segnare già prima, su azione, con un bel sinistro di prima intenzione, ma aveva colpito il palo: nessuno, però, ha pensato che potesse essere l’ingiusto corollario di una stagione già sfortunata, chiusa con la retrocessione del Verona e caratterizzata dal rapporto teso con Delneri. Solo un anno prima Toni aveva vinto la classifica cannonieri in coppia con Icardi e nulla lasciava pensare che la sua squadra potesse improvvisamente implodere, proprio nell’anno in cui era arrivato il suo amico Pazzini. Ma i malanni fisici, di Luca e di molti compagni, hanno messo subito in salita la strada dell’Hellas: la straordinaria carriera di Toni meritava un’altra conclusione, ma almeno l’ultimo gol (il sesto in campionato) e il saluto alla gente che lo ha amato la rendono meno amara.
BASTA COSÌ — Toni in carriera ha vinto e segnato tanto: 324 gol tra club e Nazionale, 157 in Serie A, 60 in Bundesliga, dove col Bayern si è laureato campione di Germania, impresa che in Italia non gli è mai riuscita. Ma nessuno scudetto potrà essere barattato col titolo di campione del mondo conquistato nel 2006 da protagonista, guardando i compagni calciare i rigori del trionfo, ma trascinandoli in semifinale con la doppietta all’Ucraina. La sua carriera sembrava sul viale del tramonto quando a gennaio del 2012 lasciò la Juve che stava per diventare campione d’Italia e andò all’Al Nasr. Ma ha saputo ripartire, prima tornando a Firenze e poi rilanciandosi a Verona con 48 gol in tre anni (42 nei primi due). Ora ha detto davvero basta: “Non giocherò a Palermo, è giusto chiudere in casa davanti al mio pubblico”, aveva detto prima del match. Regalando l’ultima perla ha chiuso un cerchio magico.
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