Sarà stato contento Walter Sabatini quando ha visto quel ragazzino con la maglia giallorossa e il nuemero 7 sulle spalle, correre verso la porta di Leali, sterzare sul sinistro e gonfiare la rete. Un gol liberatorio, perché il due a zsro quando mancano pochi secondi alla fine non può che tranquillizzare tutti. Manuel Iturbe si gode l’ennesimo spezzone di gara, per ora niente di più, mai una partita da titolare fino a questo momento. Non c’è spazio per lui, perché là davanti il parcheggio è pieno, bisogna mettersi in fila e aspettare. Sabatini ha spiegato a Manuel che quest’anno la sua stagione deve essere vissuta all’insegna della pazienza, dell’attesa ottimista. In fila, appunto. In attesa che qualcuno sbagli, che ti lasci spazio, che ti regali una chance. Micro-prestazioni come questa fanno bene, perché dimostrano che sei vivo. Che se ti danno spazio sai anche colpire, sai tornare al gol, alla vita vera del calcio, abbandonata ormai quasi due anni fa a Verona. Iturbe alla fine è stato “costretto” a restare a Roma con il macigno in testa dei soldi spesi per lui, e lo ha fatti per volontà del suo diesse che, come nessun altro, crede in lui. Tre partite e già la metà dei gol realizzati dall’argentino nello scorso campionato. Quello alla Juventus è stato dimenticato subito, quello nel derby sarà eterno. A Frosinone per ricominciare. A piccoli passi. Sempre di corsa, possibilmente non più a testa bassa. Uscendo dalla modalità “pippa”. Termine usato da lui stesso la scorsa stagione.