Pioli torna a sorridere grazie al 2-0 sul Grifone, che rilancia i biancocelesti dopo la disfatta del San Paolo
E qualcosa rimane, fra le pagine chiare e le pagine scure. La manita del Napoli, il ritiro a Formello, la contestazione dei tifosi. Sonora, all’Olimpico, ora le tue labbra puoi spedirle a un indirizzo nuovo sembrano dire alla Lazio. Perché la curva Nord non ci sta e si scaglia contro squadra, tecnico e società che confondono alibi e ragioni. Pioli ha ancora i suoi quattro assi, bada bene, di un colore solo: Cataldi, Felipe Anderson, Milinkovic-Savic e Kishna. Gli unici a non venir fischiati, beata gioventù. Gli unici a inventare qualche spunto, il brasiliano tenta dal limite e il serbo un altro colpo di testa. Il Genoa intanto fa vibrare il palo con Rincon. Chi mi ha fatto le carte mi ha chiamato vincente, lì davanti c’è Djordjevic che s’è ripreso l’attacco con Matri acciaccato. Alla prima da titolare in campionato dopo l’infortunio, il serbo si tuffa di testa e e scardina lo zero sul tabellino. E un futuro invadente, Felipe ritrovato e i suoi dribbling che fanno impazzire Cissokho, doppio giallo in pochi minuti e giù nello spogliatoio. Poi il brasiliano si ritrova un pallone sui piedi, al limite dell’area, guarda la porta. L’avrei stracciato con la fantasia, pensa. Una deliziosa traiettoria a girare si incastra all’angolino e quando io, senza capire, ho detto sì. Hai detto: “E’ tutto quel che hai di me”, questo bis biancoceleste. Ancora fischi, quando in campo entrano Keita e Mauri, applausi invece per Morrison e quelli li capisce anche senza parlare italiano. Alla fine la contestazione pare svanire, la Lazio chiede scusa così ai suoi tifosi, è tutto quel che ho di te. Finalmente un sorriso a sconfiggere la maledizione del Grifone, a rialzare la testa. Santa voglia di vivere e dolce Venere di Rimmel. Che stavolta non si scioglie sulle guance nel pianto, le lacrime sono state dimenticate.