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Prende il via la rassegna continentale femminile, le azzurre inseguono un posto per il torneo che regala la qualificazione a Tokyo 2020: gli slot in palio sono sei. Il c.t.: “Vogliamo fare qualcosa di storico, non ci nascondiamo”

ROMA – L’ultima immagine significativa dell’Italia a Eurobasket 2017 è una ferita che non ha ancora smesso di sanguinare. La vittoria con la Slovacchia fu un brodino, la delusione cocente era arrivata 24 ore prima, con un antisportivo folle fischiato a Cecilia Zandalasini contro la Lettonia: un fischio insensato che privò le ragazze di coach Andrea Capobianco della possibilità di andare a giocarsi il Mondiale un anno più tardi.

Da quel giorno ha preso il via un percorso nuovo, con Marco Crespi in panchina. Un tecnico con un curriculum importante e la voglia di rimettersi costantemente in gioco: l’apprendistato agli ordini di due totem come Mike D’Antoni e Boscia Tanjevic, le esperienze con Milano, Biella, Siviglia e Pesaro, la costruzione di un piccolo miracolo chiamato Casale Monferrato, lo scudetto sfiorato alla guida di una Mens Sana Siena ridimensionata rispetto ai fasti delle stagioni precedenti.

Ha accettato con entusiasmo l’eredità di Capobianco e ora le azzurre sono pronte alla riscossa europea: si inizia stasera con la prima palla a due contro la Turchia, in quella che ormai è diventata una classica del basket continentale. Purtroppo per noi, i precedenti non fanno sorridere: quattro ko nelle ultime quattro edizioni di Eurobasket e due anni fa, oltre alla partita, perdemmo anche Chicca Macchi per un colpo violentissimo alla mandibola rifilatole da Hollingsworth.

Quella spedizione fu però la miccia che fece esplodere l’interesse nazionale intorno al basket femminile, nonostante l’amarezza, e il torneo 2019 arriva in un momento significativo per tutto lo sport femminile, complice il traino esercitato dalle azzurre del calcio, arrivate ai quarti del Mondiale: le telecamere di Sky Sport seguiranno minuziosamente il torneo. Per Marco Crespi, che in questi anni è anche diventato voce apprezzata proprio della pay tv satellitare, il senso dell’Europeo è quasi tutto nell’hashtag scelto come mantra per questo cammino: #osare.

L’Italia non fa parte del lotto delle favoritissime per la vittoria finale ma spera, spallata dopo spallata, di far cadere tutte le avversarie: il Girone C è completato da Ungheria e Slovenia, soltanto le prime classificate dei quattro gruppi accedono direttamente ai quarti, le seconde e le terze sfideranno le controparti di un altro girone e il raggruppamento azzurro ha il peggior incrocio possibile, quello con il gruppo di Russia, Belgio e Serbia. In palio, oltre all’Europeo in sé, ci sono sei posti per il torneo preolimpico.

E’ quello l’obiettivo delle azzurre, come ci ha confermato coach Crespi. “Il nostro sogno è un posto per il Preolimpico, l’abbiamo sempre dichiarato senza pensare di nasconderci. Le classifiche finali di qualsiasi tipo di manifestazione dipendono anche da sorteggi, incroci e casualità, su quello non possiamo fare nulla. Da 24 anni non riusciamo a conquistare tramite l’Europeo il passaggio all’evento successivo, sia esso un Mondiale o un’Olimpiade. Vogliamo fare qualcosa di storico”.

Arrivate a questo Europeo con un ciclo molto serrato di amichevoli, come sta la squadra fisicamente e mentalmente? 
“Questo raduno e le amichevoli fanno parte di un percorso durato due anni, abbiamo raggiunto un’identità di gioco precisa nelle due metà campo, che le ragazze ormai sentono propria. Per un allenatore è qualcosa di soddisfacente, confortante e motivante. Sicuramente è un marchio per le ragazze quando scendono in campo: #osare è il nostro hashtag, solitamente dopo un po’ un motto si arrugginisce e invece per noi è ancora un punto di riferimento per il nostro modo di stare in campo a livello mentale e tecnico”.

Nelle ultime due sfide amichevoli con il Belgio si è vista una buonissima Italia nonostante le sconfitte, c’è stata forse qualche ingenuità di troppo…
“La fotografia è esatta, abbiamo giocato minuti di altissima qualità, forse i più alti di questo percorso biennale. Abbiamo sprecato molto con delle ingenuità che, accostate ai quei momenti di qualità, lasciano quasi sorpresi: ne abbiamo parlato dal punto di vista anche emotivo, come reazione nervosa nel post errore. Non basta dire che abbiamo sbagliato, dobbiamo imparare anche a gestire l’errore sul campo. C’è grande fiducia, giocavamo contro una squadra forte, seria, che ha fatto innamorare un paese con il terzo posto all’Europeo e il quarto al Mondiale. Giocare così bene contro una squadra come il Belgio ha un significato importante. Nelle due partite abbiamo preso più di 20 tiri da tre ma non lo abbiamo fatto tanto per fare: la squadra ha costruito bene quei tiri e questo credo sia un modo per concretizzare quell’osare di cui parliamo spesso”.

Come sta Cecilia Zandalasini dopo l’infortunio di fine maggio?
“Ha perso due settimane di lavoro, oggettivamente non può essere nello stesso stato di forma delle altre ma ha recuperato bene, lavorando tantissimo. Lo staff ha fatto un lavoro eccezionale, l’adrenalina del campo potrà permetterle di pareggiare questo gap con le altre”.

A due anni di distanza da Eurobasket 2017, che lanciò alla grande il basket femminile, quanti passi in avanti sono stati fatti a livello di movimento femminile e quanti ancora se ne devono fare?
“Siamo un movimento con un grande margine di crescita. Quello che stiamo cercando di trasmettere come messaggio tecnico è che non esiste nessuna differenza tra pallacanestro maschile e femminile, gli ultimi otto secondi di una partita sono complicati sia per LeBron James che per una ragazza, il nostro punto di riferimento tecnico è la volontà di non arrivare a giocarci tutto negli ultimi secondi di una partita, perché tirare con la pressione addosso è difficile per tutti”.

Abbiamo giocatrici che in questi anni si sono messe alla prova ai vertici del basket europeo come Sottana e Zandalasini (entrambe al Fenerbahçe), Cecilia ha anche messo in faretra l’esperienza in WNBA vincendo il titolo con Minnesota, e due ragazze reduci da esperienze collegiali come Cubaj e Penna: la crescita delle giocatrici può passare anche da questa apertura verso campionati diversi da quello italiano?
“Credo che ogni giocatrice possa crescere quando fa scelte ambiziose. La possibilità di giocare in Turchia, come nei casi di Sottana e Zandalasini, è figlia della loro grande ambizione, e lo stesso vale per Cubaj e Penna che hanno affrontato carriere universitarie: ricordiamo che loro due non hanno ancora giocato una partita da professioniste, ma non mi piace che si dica che ci manca l’esperienza, che siamo piccole o altro. Conta solo scendere in campo per andare oltre i troppi luoghi comuni che a volte ci sono nello sport”.

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