Condividi l'articolo
Dopo oltre due anni i bianconeri cadono in casa in campionato. Apre Douglas Costa, nella ripresa uno-due dell’attaccante biancoceleste e al 97′ Dybala fallisce il rigore del pari

ROMA –  Neanche il var ha potuto salvare la Juve, neanche i rigori alla moviola riescono a tenere vivi i bianconeri che continuano a sbagliare con il loro giocatore migliore, improvvisamente sprofondato in un crisi senza senso. Dopo lo sbaglio di Bergamo, Dybala ha fallito anche stavolta, sempre davanti a un portiere albanese (quella volta Berisha, questa Strakosha), sembra alla medesima maniera (tirando, debolmente, quasi con pallore) e sempre nel momento irrimediabilmente decisivo. Stavolta si era nel pieno del settimo minuto di recupero, dopo che ce n’erano voluti un paio per giudicare falloso lo scriteriato intervento a piedi uniti (sulla palla, ma troppo focoso) di Patric su Bernardeschi. Mancavano sì e no dieci secondi alla Juve e quella sciocchezza avrebbe potuto costare alla Lazio una vittoria sacrosanta, esaltante, strameritata. Strakosha ha difeso alla grande quello che, giustamente, riteneva suo.

La Juve non perdeva in campionato allo Stadium da 41 partite (di cui 38 vinte). Da 783 giorni, cioè due e passa anni, da un remotissimo 0-1 con l’Udinese. Ma questa sconfitta non ha nulla di casuale o di estemporaneo come le poche altre (con l’Inter e la Sampdoria) capitate in queste stagioni di tirannia: questa è stata una débâcle  maturata quasi per inferiorità, perché la Lazio è stata gigantesca e se il risultato è stato in bilico fino all’ultimo secondo è stato soprattutto perché i biancazzurri (Milinkovic-Savic, Luis Alberto e in particolare Caicedo) non hanno giustiziato in contropiede i bianconeri, dimostrando che alla loro squadra manca solo una cosa per puntare allo scudetto, ovvero il cinismo. È vero che al 91′ Dybala ha colpito il palo interno con un velenoso sinistro dal limite (evidentemente non era giornata), ma il discorso generale della partita ha spesso detto Lazio, soprattutto Lazio, che ha rimontato con i due gol di Immobile e costruito la gara perfetta.

La Juve è stata all’altezza di sé per mezzora, non di più. La prima mezzora, affrontata con spigliata autorevolezza, come a voler dimostrare alla Lazio i diritti del più forte. Ha tenuto la partita in pugno. Ha impedito, soprattutto, che gli uomini di Inzaghi sciorinassero il loro meraviglioso calcio verticale negli spazi larghi, ha emarginato le due fonti di gioco laziali, Milinkovic-Savic e Luis Alberto, ha alzato il pressing e portato la pressione necessaria per sprigionarne, prima o poi, quelle due o tre occasioni (in genere, ai bianconeri non ne servono di più) per portarsi in vantaggio, come è puntualmente accaduto al 23′ quando Douglas Costa, in perfetta solitudine, ha raccolto al limite dell’area piccola la respinta di Strakosha su un’elegante volée di Khedira. È servito il var, per la convalida: c’era Bastos, al margine destro del campo, a tenere in gioco il brasiliano. La Juve ha avuto la possibilità di chiuderla, anche: Strakosha ha di nuovo salvato su Khedira, stavolta deviando in corner, e soprattutto, è stato fortunatissimo quando ha sparato un rinvio addosso a Higuain, con il pallone poi carambolato in piena traversa. Non si può dire che la Juve sia stata brava, tutt’altro. Ma nemmeno fortunata.

Però i bianconeri si sono spenti come una candela già consumata. Allegri ha sbagliato molte scelte: se i sudamericani è logico risparmiarli, perché ha invece spremuto Bentancur, il più giovane, quello rientrato più tardi e quello meno abituato all’andirivieni tra un continente e l’altro, visto che l’Urugiay lo aveva convocato per la prima volta? Perché allora non rischiare la classe di Dybala o Alex Sandro, visto che Douglas Costa continua a essere una delusione totale e Asamoah si trascina sulle ginocchia? La Lazio – e qui si misura la grandezza di Inzaghi – ha avuto il grande merito di interpretare correttamente ogni momento della gara. Di soffrire quando era il caso di farlo, di accelerare quando ha visto l’avversario in difficoltà. È rimasta aggrappata alla sua organizzazione, a un centrocampo sontuoso e a una difesa solida, e quando le maglie bianconere hanno cominciato a smagliarsi ha colpito senza pietà, nel giro di sette minuti: prima Immobile ha sfruttato a modo suo l’assist di Luis Alberto, poi ha trasformato il rigore (Dybala vada a lezione da lui) conquistato dallo spagnolo, magistralmente liberato da Milinkovic-Savic davanti a Buffon, il quale non ha potuto che stenderlo. La Juve ha reagito stancamente, spedendo inutili cross dalla trequarti che hanno esaltato Bastos e De Vrij, mentre ogni contropiede era un coltellata. Higuain s’è mangiato un gol e ha sbagliato uno stop solo davanti a Strakosha e quelle due fiammate del recupero (il palo, il, rigore) sono sembrate quasi fuori contesto. È giusto che la Lazio abbia vinto, e che si senta da scudetto. E la Juve, invece, cosa si sentirà?

Lascia un commento