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Dopo la delusione del calcio, a caccia dei Mondiali vanno da venerdì gli azzurri dei canestri. Senza i migliori per il conflitto con i club. Parla il nuovo ct: “Vitali e Gentile leader, tocca a loro”
ROMA – A chi Meo Sacchetti metterà in mano la piccola Italia dei troppo alti si comincerà a capirlo venerdì sera, sfidando la Romania a Torino, partita ritrovata delle qualificazioni mondiali, nel luogo infausto della cocente bocciatura al torneo preolimpico del 2016. Non si aprivano da un pezzo, queste finestre, lo si rifarà per seguitare con l’assurda guerra dei cent’anni che va stremando i potentati cestistici. Le vuole la Fiba, ossia il governo dei canestri, le osteggiano Nba ed Eurolega, ossia le confindustrie che pagano gli stipendi ai migliori. Alla fine, giocherà chi c’è, per un posto a Cina 2019. A differenza dell’Italia del calcio, quella del basket i suoi Mondiali li va regolarmente saltando. Vediamo se almeno qui un’inversione di tendenza porterà bene.
Sacchetti si mette dunque al volante di una Nazionale finta, o quantomeno dimezzata (termine, dirà lui, che dovremo tutti abrogare per decreto). I dinieghi a schierare i migliori falsano largamente il gioco, ma almeno in questo la legge è uguale per tutti. Al suo esordio in panchina, il coach che vinse, in campo, un argento olimpico (Mosca ’80) si vedrà sfilare un intero quintetto base (Hackett, Belinelli, Datome, Gallinari, Melli), riceverà da Milano, per gentile concessione, non più di un paio di pezzi (Abass e Fonbtecchio, non il Cinciarini resuscitato a miglior vita da Pianigiani, né Pascolo, né Cusin), e raccatterà in giro gli altri abili arruolati da fondere in misture inedite.
Sacchetti, vedremo a Torino la sua prima Nazionale vera, o un’Italia dimezzata?
“No, dimezzata no. Proprio non mi piace la parola. Gioca chi c’è e di chi è a casa vorrei non parlare più. Va così, faremo con gli altri e faremo in modo che diventi la loro grande chance. In emergenza, càpita spesso che le difficoltà si trasformino in opportunità. È quello che dirò ai ragazzi al raduno. Non siete seconde scelte, se in Nazionale avete avuto poco spazio e siete stati ai margini, finora, questo è il momento per farsi valere”.
Che è una squadra dimezzata è un semplice calcolo aritmetico. Sette-otto in meno rispetto all’ultima Italia di Messina.
“Ovvio, lo so bene. Diciamo allora che, rispetto a chi saremo, sono curiosissimo anch’io. Intanto, sarà la mia prima squadra, da un pezzo, in cui potrò parlare solo italiano. Niente male, finalmente”.
Già, a Sassari, lo scudetto del suo massimo momento di gloria lo vinse con cinque americani in quintetto. Che praticavano un grande basket offensivo. Replicabile in azzurro, o no?
“A Sassari cercai di esaltare le qualità di quel gruppo, che erano notevolissime, sia tecniche che di carattere. Anche in Nazionale cercherò di far esprimere le qualità migliori di ciascuno, chiedendo meno possibile di fare cose diverse. Vale pure qui che saranno apprezzate doti di carattere, faccia tosta. Vorrei vedere poche titubanze. Se c’è da fare un tiro in più, prego. Se è giusto farlo, s’intende. Se poi si fa canestro… Scherzo. Ripeto, sono curioso. Una squadra la conosci quando inizi a guardarla in faccia, uno per uno. Lì capisci come stanno insieme, quanto sono disponibili, che rapporto instaurano fra di loro. Finora questi ragazzi li ho conosciuti solo da avversari. In un campionato che, alla mia Cremona, sta dando qualche pensiero”.
Viene dopo Messina, che il posto fra le prime otto agli Europei l’ha portato a casa, da Israele e dalla Turchia, con tanta difesa e un gioco offensivo molto controllato. Ci sarà un’inversione secca?
“Non ho parlato con Ettore, credo che lo farò, e resto convinto che pure lui si fosse adeguato agli uomini che aveva a disposizione. Avesse avuto Danilo Gallinari, avrebbe dato alla squadra un’impostazione più offensiva, sicuro. Poi, neanch’io dirò mai che difendere serve poco. Intanto, alimenta anche l’attacco. Dà più palloni, più possessi, più tiri. E meno conteggi su chi poi questi tiri se li prende…”.

Gallinari non l’avra neanche lei, né altri. La nuova Italia dovrà inventarsi anche leader nuovi di zecca. Chi vede pronto a prendere la guida della squadra?

“In regia, Luca Vitali sta esprimendo in campionato, con quella Brescia che non perde mai, una leadership forte. È un playmaker con capacità di letture non comune, e stavolta non sarà usato da terzo regista, o da uomo di rottura. È la sua occasione, si dia da fare. Poi, Alessandro Gentile. Lo voglio vedere di persona. Due anni fa era tra i più forti, e di anni adesso non ne ha trentacinque. Immagino possa tornare a quel livello lì”.

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