Condividi l'articolo

MILANO – Negli anni ’40, in Italia, vi fu una squadra che entrò nella leggenda venendo acclamata, ancora oggi, come la squadra più forte della storia del calcio italiano anche più del rivoluzionario Milan di Arrigo Sacchi…si trattava di un club piemontese con la maglia granata che vinse 5 scudetti ed una coppa Italia spezzando l’egemonia juventina già fin troppo radicata a quel tempo: stiamo parlando del Torino, o meglio, del “Grande Torino”, l’11 guidato dal capitano Valentino Mazzola, dal tecnico Vittorio Pozzo e dal presidente Ferruccio Novo. Proprio Mazzola ebbe 2 figli, che dopo la tragedia di Superga del 4 maggio 1949 (in cui morì tutto il club granata), divennero giovani talenti: il primo, Sandro, nato l’8 novembre 1942, nel vivaio granata…con cui crescerà dal 1957 al 1961 mentre Ferruccio, il secondo (venuto alla luce il 1° febbraio 1945), opterà per la strada interista da subito. La storia più importante, senza dubbio, sarà proprio quella di Sandro, ad oggi quarto giocatore più presente di sempre in maglia interista alle spalle di Zanetti, Bergomi e il suo coetaneo Facchetti…stiamo parlando di Sandro Mazzola, il figlio d’arte e della storia.

Gli inizi in nerazzurro

Sandro Mazzola sarà scoperto dall’ex centravanti interista Benito Lorenzi (ruvida stella nerazzurra e della nazionale negli anni ’50), che lo porterà a giocare a Milano nella Primavera del tecnico Giuseppe Meazza (ad oggi record-man per reti segnate con l’Inter) a partire dal 1961…quel mediano proveniente dal Torino piacque subito a tutti, a cominciare dal presidente Angelo Moratti, per poi passare al tecnico della prima squadra Helenio Herrera. L’esordio e la prima rete in Serie A arrivano il 10 giugno 1961, in occasione della ripetizione di uno Juventus-Inter 9-1 sospeso in precedenza in modo molto controverso (dopo che la sfida fu sospesa per la troppa gente assiepata a bordocampo si scelse di di dare la vittoria a tavolino all’Inter salvo poi ritirare tutto e disporre la ripetizione dell’incontro…all’epoca il presidente della CAF era Umberto Agnelli, fratello di Gianni: il presidente del club bianconero…) in cui Moratti impose di far giocare la Primavera in segno di protesta contro il “Palazzo”.

La “Grande Inter”

L’anno dopo (oltre alla conquista del Torneo di Viareggio con la Primavera) arriva un’altra presenza, in occasione dell’ultima giornata Inter-Lecco 3-0 del 15 aprile 1962 (a fine maggio sarebbero iniziati i mondiali in Cile e serviva dare lo spazio necessario al recupero della nazionali europee) mentre nella stagione 1962/63 il nostro protagonista inizia definitivamente ad entrare nel mito: dopo un avvio difficile (2 vittorie nei primi 7 turni: 3 pari e 2 sconfitte), Helenio Herrera stabilizza fra i titolari il terzino sinistro Giacinto Facchetti e rende Mazzola la sua certezza come interno offensivo al posto di Humberto Maschio, Armando Picchi diviene libero, Luis Suarez si mette a fare il regista e davanti, oltre a Mazzola, ci sono Jair a fare l’ala sinistra con Beniamino Di Giacomo centravanti; il risultato sarà una prodigiosa rimonta nerazzurra che condurrà all’ottavo scudetto del club (riportato sulla sponda nerazzurra del naviglio dopo 9 annate) a scapito della Juventus (che aveva vinto, invece, nel famigerato 1960/61)…inoltre, Mazzola esordirà, proprio quest’anno, nel derby di Milano del 24 febbraio 1963, riuscendo a segnare dopo 13″ la rete più veloce nella storia dei confronti fra Inter e Milan: esordio e primo gol con record di velocità, decisamente non male come inizio per una sfida casalinga sentita come questa e che si chiuderà 1-1 (pari di Dino Sani al 78′). Le serpentine e l’abilità tecnica del giovane torinese lo porteranno, a partire dal 1963/64, a vestire anche i panni del centravanti in caso di assenza contemporanea di Milani, Cappellini e Di Giacomo…proprio in quest’annata inizierà, di fatto, l’epoca della “Grande Inter” che farà scuola in Italia e in Europa per la sua accortezza difensiva; il 27 maggio arriva la prima Coppa dei Campioni della storia interista (un anno dopo il primo trionfo del Milan di Nereo Rocco, trascinato da un giovane centrocampista che avrà in Mazzola il suo più grande amico-nemico di sempre: Gianni Rivera…) in seguito alla finale vinta per 3-1 a Vienna contro il Real Madrid di Puskas e Di Stefano (Mazzola, assieme a Puskas stesso e allo slavo Kovacevic, sarà capocannoniere del torneo con 7 segnature, fra cui 2 in finale) ma, dopo un campionato pieno di polemiche e colpi di scena fra accuse di doping, smentite e penalizzazioni, i nerazzurri arrivano a giocarsi l’unico spareggio-scudetto della storia del calcio italiano…il 10 giugno 1964, a Roma, va in scena Bologna-Inter 2-0. Inoltre, la finale del 27 maggio 1964, resterà scolpita nella memoria di Mazzola per tutta la vita, visto che a fine match Puskas (all’epoca il migliore al mondo assieme al compagno Di Stefano) gli chiederà di scambiare la maglia dicendogli: “UNA VOLTA HO GIOCATO CONTRO TUO PADRE, COMPLIMENTI RAGAZZO, SEI DEGNO DI LUI E HAI ONORATO LA SUA MEMORIA”. Il 26 settembre 1964 l’Inter conquista pure la sua prima Coppa Intercontinentale (a spese dell’Independiente: sconfitta per 1-0 in Argentina, vittoria per 2-0 a Milano con le marcature aperte dal nostro centrocampista e 1-0 nello spareggio seguente a Madrid)…ormai Mazzola è una delle colonne della squadra e ha già collezionato 3 presenze (oltre a 3 gol: l’esordio sarà contro la Turchia l’11 marzo 1964 e le altre 2 sfide avranno luogo a giugno dello stesso anno contro la Polonia) in Nazionale Under-21 sempre nel 1964 ma questa sarà un’altra stagione molto logorante per tutti, dato che l’Inter rimonterà 7 lunghezze di svantaggio al Milan in solo 3 mesi portando a casa un altro scudetto (il nono), potendosi poi concentrare sulla Coppa Italia persa con la Juventus per 0-1 a Roma e sulla seconda Coppa dei Campioni vinta, sempre il 27 maggio, ma del 1965, a danno del Benfica (1-0 firmato Jair) a Milano (il “triplete” è solo rimandato di 45 anni…ci penserà il figlio di Moratti, Massimo, assieme ad un altro tecnico straniero, Josè Mourinho, e ad un gruppo di campioni capitanati dal più presente di sempre in maglia meneghina, Javier Zanetti, a vincerlo nel 2009/10, ma questa è un’altra storia…) e questo sarà anche l’anno in cui il nostro protagonista si laureerà capocannoniere della Serie A assieme al fiorentino Alberto Orlando (17 timbri a testa). Mazzola mantiene sempre una media di 35 partite l’anno e dimostra di avere una forma fisica invidiabile, andando a segno pure nel derby vinto per 5-2 del 28 marzo 1965 con la sua prima doppietta contro i cugini e nel 1965/66 la squadra porta a casa il suo decimo scudetto (quello della stella) contro il Bologna (ampia rivincita del 1963/64) ma si ferma in semifinale di coppa nazionale e Coppa dei Campioni dinanzi a Fiorentina e Real Madrid…la consolazione giungerà attraverso la seconda Coppa Intercontinentale (l’ultima prima del 2010) ottenuta sempre a discapito dell’Independiente (3-0 in casa con doppietta di Mazzola e 0-0 in Argentina a settembre 1965). La stagione 1966/67 segna la fine del ciclo, di fatto: la Juventus batte l’Inter in rimonta e vince il tricolore (tragico il finale con la sconfitta a Mantova per 1-0 firmato dall’ex Di Giacomo), il Padova estromette i nerazzurri in semifinale di Coppa Italia per 3-2 e in finale di Coppa dei Campioni (la terza in 4 anni e quarto anno consecutivo fra le prime 4 del continente) il Celtic rimonta 2-1 il rigore dello stesso Mazzola in apertura a Lisbona.

La transizione, l’ultimo scudetto e l’arrivo di Fraizzoli

Nel 1967/68 Moratti cede la società a Ivanoe Fraizzoli, “Sandrino” diventa capitano (in coabitazione con Facchetti), l’Inter arriva quinta (per la prima volta Mazzola non arriva fra le prime 2 del torneo) e fallisce il girone finale di coppa nazionale piazzandosi terzo su 4 dietro a Torino e Milan (la gioia per Mazzola arriverà in estate, con la Nazionale…). Nel 1968/69, invece, Herrera saluta e al suo posto arriva Alfredo Foni, che verrà licenziato a fine stagione in favore dell’altro Herrera, il paraguayano Heriberto…il quale riporta i milanesi al secondo posto nel 1969/70 alle spalle del Cagliari e gli consentirà di giocare le semifinali di Coppa delle Fiere (perse dinanzi all’Anderlecht per 0-2 dopo la vittoria 0-1 in trasferta). Nel 1970/71 si torna a vincere lo scudetto (quarto e ultimo per il nostro protagonista) a discapito ancora del Milan (a cui Mazzola segnerà il 2-0 nella sfida casalinga del 7 marzo 1971…prima firma ai cugini con la fascia al braccio) ma ormai i tempi migliori sono finiti e la finale di Coppa dei Campioni (quarta della storia lombarda e seconda persa dopo quella col Celtic) del 31 maggio 1972 giocata a Rotterdam contro l’Ajax di Crujiff ne sarà la conferma: doppietta del fenomeno olandese, 2-0 e fine di ogni discorso malgrado l’invenzione di Giovanni Invernizzi, tecnico della Primavera ingaggiato nell’autunno 1970 per rimpiazzare Heriberto Herrera, che arretrerà Mazzola a centrocampista di spinta allungandogli, di fatto, la carriera.

Gli ultimi anni e il ritiro

Dall’estate del 1972 vedremo i ritiri di uomini chiave con Jair, Corso, Burgnich e Bedin mentre Facchetti e Mazzola resteranno a fare da chioccia ai nuovi arrivati in un periodo durato 5 anni, in cui Invernizzi se ne andrà per fare posto prima a Enea Masiero (nel 1973) e poi al ritorno di Helenio Herrera nel 1973/1974 mentre Luis Suarez, fresco di addio al calcio giocato, arriverà nel 1974/75 per poi lasciare il posto a Giuseppe Chiappella fino al 1977 compreso, anno dell’ultimo acuto nerazzurro: il 3 luglio 1977, a Milano, va in scena la finale di Coppa Italia fra Milan e Inter…vinceranno i rossoneri per 2-0 con i gol di Maldera e Braglia lasciando che Mazzola si prenda la scena a fine gara annunciando l’addio al calcio dopo altre 2 firme con i cugini nel 1974 (in occasione dell’1-5 in trasferta di campionato del 24 marzo 1974 e il 2-1 di coppa nazionale del 1° maggio successivo). Chiuderà la carriera in nerazzurro con 570 presenze e 162 reti oltre a 11 vittorie su 38 stracittadine (13 pari e 14 sconfitte ma con la soddisfazione di aver timbrato il cartellino in occasione del 5-2 nel marzo 1965 e l’1-5 del marzo 1974…per un totale di 6 gol fra cui una doppietta).

Vita da dirigente

Dal 1977 Fraizzoli pensa a lui per fargli ricoprire una serie di ruoli manageriali fino al 1984…successivamente andrà al Genoa e tornerà a Milano nel 1995, quando Massimo Moratti prenderà le redini del club dopo la gestione di Ernesto Pellegrini, fino al 2000 e farà sia il Direttore Sportivo che il Responsabile di mercato (fra le sue operazioni migliori quelle che portarono Javier Zanetti nel 1995 stesso, Ronaldo nel 1997 e Roberto Baggio nel 1998…). All’alba del nuovo millennio si trasferisce al Torino e vi rimane fino al 2003, laddove tutto era iniziato, e lavorerà per il patron granata Attilio Romero. Mazzola è stato una figura rivoluzionaria pure per la storia del giornalismo sportivo italiano negli ultimi 40 anni…nel 1982 ricoprì il ruolo di primo opinionista tecnico della storia per conto di Telemontecarlo, quando affiancò Luigi Colombo durante l’estate dei vittoriosi mondiali di Spagna (nella cui nazionale compariranno giocatori da lui svezzati o scoperti a livello del portiere Ivano Bordon, il giovane difensore Giuseppe Bergomi, i mediani Gabriele Oriali- Giampiero Marini e il bomber Alessandro Altobelli), al torneo casalingo del 1990 collaborerà con Bruno Pizzul venendo comunemente ribattezzato “comentarista” (come venivano chiamati gli opinionisti come lui in Brasile) e nel 2006 farà da partner a Marco Civoli durante le gare degli azzurri in Germania per un altro torneo concluso con il trionfo dell’Italia. Ad oggi collabora con Rai Sport nel corso di varie trasmissioni facendo l’intervistato o l’intervistatore ma le polemiche non sono mai mancate nella sua vita…oltre ai sospetti di doping operato dalla “Grande Inter” che ne hanno sempre reso opaco il ricordo, nel 2014 ebbe un brutto alterco in radio con degli ascoltatori parlando del derby di Torino terminato 2-1 in data 30 novembre, in cui vennero esposti, dalla curva juventina, i deplorevoli striscioni “DI TORINO NOI ORGOGLIO E VANTO, VOI SOLO UNO SCHIANTO” e “QUANDO VOLO PENSO AL TORO” con una montagna vicina all’aereo.

La Nazionale fra gioie e staffette

Mazzola esordirà in maglia azzurra in occasione dell’amichevole del 12 maggio 1963 (la prima volta che Pelé venne in Italia) e il suo compagno Angelo Benedicto Sormani gli lasciò tirare il rigore del 2-0 (finirà 3-0)…prima gara con la maglia azzurra e gol contro il portiere bicampione del mondo (Gilmar), non male…Il 10 novembre seguente, invece, sempre dal dischetto, Mazzola sbaglierà il rigore che si rivelerà decisivo per eliminare l’Italia dall’Europeo spagnolo del 1964 in favore dell’URSS (fino ad allora 3 apparizioni per lui): il fenomeno Lev Jashin parerà la conclusione con un miracolo dei suoi. Il primo torneo internazionale giocato da Mazzola sarà il mondiale inglese del 1966, in cui lui segnerà all’esordio nella vittoria per 2-0 con il Cile (l’altro gol sarà del romanista Paolo Barison) ma le sconfitte con Urss e Corea del Nord (doppio 0-1) costeranno la delusione dell’eliminazione anzitempo alla squadra di Edmondo Fabbri. Per ottenere la prima medaglia d’oro con la casacca del nostro paese, il nostro protagonista dovrà aspettare l’estate del 1968, assieme alle prime polemiche…dopo la semifinale (all’epoca la fase conclusiva del torneo era rappresentata solo dalle semifinali e le finali per il podio) di Napoli vinta al lancio della monetina ancora contro la stessa Unione Sovietica (che aveva impattato 0-0 dopo i supplementari), Mazzola verrà escluso dai titolari (le sostituzioni saranno introdotte solo nel 1970) nella finale contro la Jugoslavia, in programma all’Olimpico l’8 giugno, e decide di lasciare il ritiro di Fiuggi a causa del risentimento; servirà l’intervento del capitano torinista Giorgio Ferrini e del compagno interista Tarcisio Burgnich, che lo chiuderanno letteralmente a chiave dentro la sua camera, ad impedirgli di fare errori gravi. Dopo l’1-1 maturato sul campo, Ferruccio Valcareggi sceglie di mettere dentro proprio Mazzola fra i 5 cambi operati per la ripetizione della gara in data 10 giugno (all’epoca non esistevano i rigori come soluzione conclusiva)…finisce 2-0 grazie a Luigi Riva e Pietro Anastasi nella prima mezz’ora e l’Italia rivince un torneo dopo ben 30 anni dal mondiale di Francia del 1938. Il capitolo più rovente della carriera azzurra di Mazzola, sarà, però, il mondiale del 1970 in Messico…alla vigilia della manifestazione, l’attaccante juventino Pietro Anastasi accusa un dolore ai genitali e deve essere operato d’urgenza: al suo posto vengono convocati l’attaccante interista Boninsegna e il milanista Prati, con conseguente esclusione del partner mediano di Rivera Giovanni Lodetti; Rivera tuona dal ritiro azzurro attaccando il tecnico Valcareggi e il dirigente Walter Mandelli ponendo la condizione di chiedere scusa solo in caso di essere schierato con continuità: a quel punto l’Italia si spacca, sia a livello di squadra che di paese…da centrocampo in giù tutti vogliono Mazzola titolare (appoggiati dai difensivisti dell’opinione pubblica) mentre dalla mediana in su è plebiscito bulgaro per Rivera, assieme agli esteti del calcio offensivo. Le prime 3 sfide (1-0 alla Svezia, 0-0 contro Uruguay e Israele) le farà Mazzola da titolare (per Rivera solo un tempo contro Israele, al posto di Domenghini, unico nostro marcatore fino ad allora) ma la notte prima del quarto di finale con i padroni di casa del Messico, Mazzola si sente male e ha un attacco intestinale: di fatto, dal suo mal di stomaco nascerà la “staffetta”…all’intervallo Valcareggi, infatti, lo toglie per mettere dentro Rivera sull’1-1 e i nostri la ribaltano con 2 assist e una rete del milanista fino al 4-1 definitivo. In semifinale, contro la fortissima Germania Ovest di Franz Beckenbauer e Gerd Muller, Mazzola gioca ancora il primo tempo e all’intervallo Valcareggi lo toglie a sua insaputa malgrado il suo corpo non desse più problemi…il centrocampista si arrabbia molto intanto che i nostri danno vita all’epico 4-3 (1-0 al 45′ e 1-1 al 90′) terminato dopo i supplementari che ci consegna la prima finale mondiale in 32 anni; all’ultimo atto, contro il Brasile dei 5 n.10 schierati insieme con un 4-2-4 letterale, Valcareggi è costretto a pensare a lungo a cosa fare, ma alla fine opta per Mazzola dall’inizio, che tiene anche bene nel primo tempo, mentre siamo 1-1…nel secondo tempo, invece, i carioca dilagano fino al 3-1 nell’ultimo quarto d’ora (firme di Pelé, Boninsegna, Gerson e Jairzinho) e l’allenatore degli azzurri si convince a mettere Rivera in campo solo all’84’ (“i 6 minuti della vergogna” più celebri del nostro calcio). Finisce 4-1 e l’Italia mancherà anche la qualificazione all’Europeo belga del 1972. L’ultima gara di Mazzola in azzurro sarà il 23 giugno 1974, quando verrà schierato all’ala destra nell’ambito della logorante “staffetta” con Rivera nella sconfitta con la Polonia al mondiale del 1974 in Germania Ovest (nelle prime 2 sfide i ragazzi di Valcareggi avevano ottenuto la rimonta per 3-1 con Haiti e il pari 1-1 con l’Agentina ma andranno fuori per differenza reti). Chiuderà il suo rapporto in azzurro con 71 apparizioni e 22 reti (undicesimo marcatore di sempre con la maglia del nostro paese). Si potrebbe dire ancora molto, tipo che ha migliorato i risultati di suo padre in maglia italiana e che la sua carriera sarà migliore di quella del fratello (giocheranno assieme solo una partita, nel 1964 e nelle file dell’Inter), ma ci basta ricordarlo nel tentativo di saltare l’avversario tipico dei funamboli e di adattarsi ad ogni ruolo da centrocampo in su: il quarto interista più presente di sempre dietro a Javier Zanetti, Giuseppe Bergomi e Giacinto Facchetti…Sandro Mazzola, il figlio d’arte e della storia.

Lascia un commento