Passano gli anni, continuano i danni. Fischi, fiaschi, errori, orrori, sospetti, proteste, moviole, qualificazioni compromesse o eliminazioni. Per quanto si andrà avanti così? L’Uefa, Platini, il designatore Collina e gli arbitri avranno il buon gusto di stare più attenti? La vita della Lazio, in Europa, è impossibile.
Le battaglie di Lotito a Nyon non hanno sortito effetti. Non sono serviti gli incontri diplomatici, le richieste di rispetto. Come non detto, si è sempre lì a denunciare scippi, a collezionare furti, a vivisezionare le immagini, a perdere gli occhi davanti alla moviola, ad aggiornare il dossier. Il caso è aperto, riguarda l’Europa League più che la Champions perché l’apparizione nella vecchia Coppa dei Campioni è stata fugace. La società è convinta di non essere ben vista. Gli errori, tra l’altro, si ripetono, son sempre gli stessi. E dai, dice la Lazio. Dal 2009 ad oggi ne sono successe tante, ne sono accadute troppe. Vila-real, Salisburgo, Lisbona, Moenchengladbach, Istanbul, Sofia, Dnipropetrovsk: partite diverse, lo stesso film visto e rivisto. Rigori dati e inventati, rigori mancati, cartellini facili. La Lazio ha denunciato ogni tipo di torto in sei anni. Il risultato? Ecco, fresco fresco, l’ultimo caso, è avvenuto in Ucraina. Alla difformità di giudizio s’è aggiunta anche la disparità di tempo adottata nei recuperi. La Lazio s’è stufata, non sa se credere nella sfortuna, nella farsa o nella faida. Il signor Hunter, arbitro del match col Dnipro, ha lasciato correre il gioco per 11 secondi in più rispetto ai 3 minuti di recupero concessi al 45’ del secondo tempo. Era successo lo stesso a Lisbona, il 29 settembre 2011. Il signor Gumienny (arbitro belga) prolungò il recupero del primo tempo di 23 secondi e Insua dello Sporting segnò il 2-1 decisivo.